concprev14In tema di concordato preventivo, l’imprenditore che propone il concordato non ha l’obbligo di formulare anche la proposta di transazione fiscale, potendo egli considerare anche i debiti erariali nell’ambito della generale proposta rivolta a tutti i creditore e sottoposta alla loro approvazione a maggioranza. In questo modo lo Stato non sottoscrive un particolare e definitivo accordo sull’ammontare e sul trattamento dei suoi crediti tributari, partecipando, al pari degli altri creditori, alla votazione per l’approvazione del concordato e potendo opporsi, con ricorso al Tribunale, contro l’approvazione a maggioranza che si ottenga nonostante il suo dissenso.

Trib. Udine, 28/11/2014  

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI UDINE

Sezione Civile

Il Tribunale di Udine, composto dai sigg.ri magistrati:

dott. Alessandra BOTTAN GRISELLI – Presidente

dott. Andrea ZULIANI – Giudice rel.

dott. Lorenzo MASSARELLI – Giudice;

riunito in camera di consiglio nel procedimento iscritto al n. 8/2014 C.P., instaurato da:

– “D. Trasporti S.a.s. di F.D. & C. in liquidazione”, con sede in Tavagnacco, via Enrico Fermi 124, in persona del socio e liquidatore F.D., con l’avvocato P. Bregalanti, per procura allegata al ricorso per l’ammissione al concordato preventivo,

ricorrente;

con l’intervento di

– Pubblico Ministero presso il Tribunale di Udine;

avente per oggetto: concordato preventivo;

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

di rinvio alla Corte di Giustizia dell’Unione europea di una questione pregiudiziale ai sensi degli artt. 267 TFUE e 93 e ss. del Regolamento di procedura della medesima Corte, con domanda di “procedimento accelerato” ai sensi degli artt. 105 e ss. del Regolamento.

1) Il caso all’esame del Tribunale.

“D. Trasporti S.a.s. di F.D. & C. in liquidazione” è un imprenditore commerciale in stato di crisi (concetto che comprende anche lo stato di insolvenza) che propone ai suoi creditori un concordato preventivo basato sulla liquidazione del suo patrimonio, con previsione del pagamento integrale di alcuni creditori privilegiati e del pagamento in percentuale, non solo dei creditori chirografari, ma anche dei creditori privilegiati di grado inferiore, per i quali si sostiene che non vi sarebbe comunque capienza, nemmeno nel caso di fallimento.

Tra i debiti di cui la proposta prevede il pagamento solo parziale c’è anche il credito dello Stato per IVA.

Il Tribunale è chiamato a pronunciarsi sull’ammissibilità del ricorso, sulla base di una valutazione della corrispondenza della proposta di concordato a tutte le previsioni di legge in materia.

2) La normativa interna di riferimento.

Il concordato preventivo è disciplinato dagli artt. 160 e seguenti del R.D. n. 267 del 2016.3.1942 (legge fallimentare). Si tratta di una procedura concorsuale volta ad affrontare e risolvere le situazioni di (crisi o) insolvenza degli imprenditori commerciali in forma alternativa rispetto alla dichiarazione di fallimento. Normalmente esso prevede la messa a disposizione del patrimonio del debitore per ottenere il pagamento integrale di tutti i crediti privilegiati e il pagamento parziale dei crediti chirografari, ma può anche prevedere il pagamento parziale di alcune categorie di crediti privilegiati, qualora un esperto indipendente attesti che costoro non riceverebbero un trattamento migliore nel caso di fallimento dell’imprenditore.

Il concordato si propone ai creditori con un ricorso al Tribunale, che dà inizio ad un procedimento nel quale interviene il Pubblico Ministero. Il Tribunale ammette l’imprenditore alla procedura solo se verifica positivamente la sussistenza delle condizioni di legge. I creditori ai quali viene proposto un parziale sacrificio dei loro diritti (ovverosia tutti quelli per cui la proposta non prevede il pagamento integrale e pressoché immediato) sono quindi chiamati a votare la proposta, che deve essere approvata da tanti creditori che rappresentino complessivamente la maggioranza del totale dei crediti dei creditori ammessi al voto. Se la maggioranza è raggiunta, tribunale – decise eventuali opposizioni di creditori dissenzienti comunque verificati nuovamente i presupposti di legge – omologa il concordato così approvato, che in tal modo diventa vincolante per tutti i creditori.

A differenza che nel fallimento, nell’ambito del concordato preventivo non è prevista una procedura di accertamento dei debiti dell’imprenditore, sicché eventuali controversie tra singolo creditore e debitore proponente sulla sussistenza o sull’ammontare del credito non vengono risolte all’interno del procedimento concorsuale, ma seguono le vie giudiziarie ordinarie.

Per quanto riguarda i debiti tributari verso lo Stato, l’art. 182-ter offre all’imprenditore la possibilità di formulare – insieme alla proposta di concordato preventivo diretta agli altri creditori – una proposta di “transazione fiscale” diretta all’amministrazione finanziaria dello Stato e agli enti previdenziali, che permette – se accettata singolarmente dai destinatari – di dare prontamente certezza all’ammontare dei debiti per imposte e per contributi e di pagare tali debiti in misura ridotta, sempre sulla base del presupposto che non sia prevedibile una soddisfazione maggiore in caso di fallimento. In pratica: insieme alla proposta generale a tutti i creditori (che viene approvata a maggioranza), l’imprenditore formula una proposta particolare a singoli creditori (Stato ed enti previdenziali) che necessita del loro specifico consenso.

L’art. 182-ter, però, oltre ad escludere dal proprio ambito di applicazione i “tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea”, pone il divieto di concordare, con la transazione fiscale, un pagamento soltanto parziale dei crediti dello Stato per IVA – al quale la legge riconosce il rango di credito privilegiato, peraltro di grado 19 – ammettendo soltanto un pagamento dilazionato nel tempo.

Secondo l’interpretazione del diritto interno data dalla Corte di Cassazione, l’imprenditore che propone il concordato preventivo non è obbligato a formulare anche la proposta di “transazione fiscale”, potendo egli considerare anche i debiti erariali nell’ambito della generale proposta rivolta a tutti i creditori e sottoposta alla loro approvazione a maggioranza. In tal modo, lo Stato non viene chiamato a firmare un accordo particolare e definitivo sull’ammontare e sul trattamento dei suoi crediti tributari, ma – come qualsiasi altro creditore – partecipa alla votazione per l’approvazione del concordato e può opporsi con ricorso al Tribunale contro l’approvazione a maggioranza ottenuta nonostante il suo dissenso; e, come per qualsiasi altro creditore, rimane impregiudicata la possibilità di pretendere e fare accertare crediti diversi e superiori rispetto a quelli riconosciutigli dal debitore proponente.

Secondo la medesima giurisprudenza di legittimità, tuttavia, il divieto di proporre un pagamento solo parziale del debito IVA – seppure posto dall’art. 182ter che disciplina la “transazione fiscale” – permane in ogni caso e rimane inderogabile anche nell’ambito della pura e semplice proposta di concordato preventivo, la quale deve quindi sempre e necessariamente prevedere il pagamento integrale del debito verso lo Stato per IVA, anche qualora sia previsto il pagamento solo parziale (o non sia previsto il pagamento) di altri crediti privilegiati di grado anteriore rispetto al 19, e restando irrilevante la obiettiva previsione che nemmeno la liquidazione fallimentare sarebbe in grado di garantire quel pagamento integrale o addirittura la previsione che, anzi, la liquidazione fallimentare non sarebbe in grado di garantire nemmeno il pagamento parziale offerto con la proposta di concordato.

3) Il possibile profilo di incompatibilità con la normativa europea.

Ad avviso della Corte di Cassazione, siffatta interpretazione del diritto interno (interpretazione per cui un divieto posto da una norma interna relativa alla transazione fiscale viene esteso al concordato preventivo non abbinato alla transazione fiscale) sarebbe imposta (soprattutto) dalla necessità di adeguare l’ordinamento interno alla normativa europea e, in particolare, ai principi e alle norme contenuti nell’art. 4, paragrafo 3, del TUE e nella direttiva 2006/112/CE del Consiglio, così come già interpretati nelle sentenze della Corte di Giustizia 17.8.2008, in causa C-132/06, e 11.12.2008 in causa n. C-174/07. Si prospetta, quindi, che una norma interna che consentisse di proporre, ammettere, approvare a maggioranza e poi omologare un concordato basato sul pagamento solo parziale del debito IVA sarebbe una norma incompatibile con i principi e le norme dell’Unione europea che impongono agli Stati membri di adottare tutte le misure legislative e amministrative utili al fine di garantire che l’IVA sia interamente riscossa nel suo territorio. E tale prospettazione è stata ribadita anche in due successive sentenze della Corte di Cassazione, la prima delle quali ha esplicitamente fatto riferimento anche alla sentenza della Corte di Giustizia 29.3.2012 in causa C-500/10 e alla Decisione del Consiglio 7.6.2007 relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea.

4) I presupposti che rendono legittimo e necessario sollevare la questione pregiudiziale.

Il caso ora sottoposto all’esame del Tribunale di Udine ricade perfettamente nell’ambito di rilevanza della questione interpretativa sopra illustrata. Questo giudice si deve pronunciare sull’ammissibilità del ricorso con cui “D. Trasporti S.a.s. di F.D. & C. in liquidazione” propone ai creditori un concordato preventivo – non abbinato ad una proposta di transazione fiscale – che prevede la liquidazione di tutto il patrimonio con il pagamento solo parziale del debito verso l’erario per IVA. Qualora il diritto vigente venga interpretato in conformità all’orientamento della Corte di Cassazione (ovverosia nel senso che, per un vincolo posto dalla normativa europea, il credito IVA non possa mai essere pagato in misura ridotta), il ricorso non potrà che essere respinto. In caso contrario, verificata la sussistenza di tutti gli altri presupposti di legge, il ricorso dovrà essere ammesso, per essere sottoposto alla votazione dei creditori.

Il Tribunale, quale giudice di merito, ai sensi dell’art. 101, comma 2, della Costituzione, non è formalmente vincolato ai precedenti della Corte di Cassazione e all’interpretazione che questa ha dato alla legge da applicare. Peraltro, il fondamentale valore della certezza del diritto che sta alla base della funzione nomofilattica assegnata dall’ordinamento alla Corte Suprema impone al giudice di merito di discostarsi dai suoi orientamenti consolidati (o in via di consolidamento) solo sulla base di solide e ben motivate ragioni. In tale prospettiva, nel caso in cui un determinato orientamento sia posto dalla Corte di Cassazione come necessitato da motivi di compatibilità con la normativa europea, al giudice di merito è ragionevolmente consentito dubitare di tale necessità, ma non anche di escluderla del tutto.

E questo Tribunale dubita, in effetti, che l’obbligo della Repubblica italiana di “adottare tutte le misure legislative e amministrative al fine di garantire che l’IVA sia interamente riscossa” le imponga di vietare a priori il ricorso ad una procedura concorsuale alternativa al fallimento ad un imprenditore che, proponendo il pagamento solo parziale del debito IVA, metta comunque a disposizione tutto il suo patrimonio per la soddisfazione dei creditori, stante che nessuno sostiene che le norme europee impongano un analogo vincolo e un analogo trattamento del credito IVA anche in caso di fallimento (ove il ricavato della liquidazione del patrimonio del debitore viene distribuito secondo il normale ordine dei privilegi, che vedono molte categorie di creditori preferite al credito erariale per IVA).

In sostanza, il Tribunale dubita che il divieto per gli Stati membri dirinunciare all’accertamento e alla riscossione dei crediti IVA (che ha portato a dichiarare incompatibili norme legislative di generalizzato condono in favore dei contribuenti evasori che pure sarebbero in grado di pagare) comporti anche il divieto di emanare – nella regolazione della responsabilità patrimoniale in caso di insolvenza del debitore – norme che consentano al debitore di proporre, e alla maggioranza dei creditori di approvare, un concordato preventivo che preveda pagamenti dei crediti IVA non deteriori rispetto all’ipotesi alternativa del fallimento.

5) L’attuale esistenza di un procedimento giurisdizionale.

Sebbene la fase più propriamente contenziosa – nella quale i creditori dissenzienti diventano a tutti gli effetti parti del processo – sia quella successiva all’approvazione del concordato preventivo, quando i creditori messi in minoranza possono proporre formale opposizione, già nella presente fase preliminare di ammissione, che vede l’intervento del Pubblico Ministero a tutela dell’interesse pubblico, il Tribunale è chiamato a verificare la sussistenza di tutti i presupposti di legittimità della domanda e, quindi, ad accertare la c.d. “fattibilità giuridica” del concordato.

6) La domanda di procedimento accelerato.

“Dalla data della pubblicazione del ricorso per concordato preventivo nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.”

La sospensione del presente procedimento principale prolungherà inevitabilmente questo generalizzato ed eccezionale impedimento ai creditori a rivolgersi al giudice per ottenere la soddisfazione coattiva dei loro diritti. In ciò si ravvisa una ragione sufficiente per chiedere che il Presidente della Corte di Giustizia valuti la possibilità di decidere di sottoporre il giudizio di rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato.

P.Q.M.

Il Tribunale di Udine;

visto l’art. 267 TFUE e visti gli artt. 93 e ss. del Regolamento di procedura della Corte di Giustizia;

sottopone alla Corte di giustizia dell’Unione europea la seguente questione pregiudiziale:

“Se i principi e le norme contenuti nell’art. 4, paragrafo 3, del TUE e nella direttiva 2006/112/CE del Consiglio, così come già interpretati nelle sentenze della Corte di Giustizia 17.8.2008, in causa C-132/06, 11.12.2008 in causa n. C-174/07 e 29.3.2012 in causa C-500/10, debbano essere altresì interpretati nel senso di rendere incompatibile una norma interna (e, quindi, per quanto riguarda il caso qui in decisione, un’interpretazione degli artt. 162 e 182ter legge fall.) tale per cui sia ammissibile una proposta di concordato preventivo che preveda, con la liquidazione del patrimonio del debitore, il pagamento soltanto parziale del credito dello Stato relativo all’IVA, qualora non venga utilizzato lo strumento della transazione fiscale e non sia prevedibile per quel credito – sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente e all’esito del controllo formale del Tribunale – un pagamento maggiore in caso di liquidazione fallimentare;

domanda che il giudizio sulla questione pregiudiziale sia sottoposto a procedimento accelerato;

sospende il procedimento principale in attesa della decisione della Corte;

manda alla cancelleria per la trasmissione di copia della presente ordinanza in plico raccomandato alla cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione europea (Rue du Fort Niedergrunewald, L-2925, Lussemburgo);

dispone che una copia firmata dell’ordinanza sia previamente spedita alla Corte per posta elettronica all’indirizzo “ECJ-Registry@curia.europa.org”;

indica i seguenti indirizzi di posta elettronica del Tribunale e delle parti interessate per agevolare eventuali comunicazioni:

“tribunale.udine@giustizia.it” (fax (…))

“avvpaologuidobregalanti@cnfpec.it” (fax (…))

“procura.udine@giustizia.it” (fax (…)).

Così deciso in Udine, il 30 ottobre 2014.

Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2014.

Add Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *