La regola secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall’art. 125 cod. proc. civ..

Cassazione civile, sez. lav., 10/01/2018,  n. 336

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –
Dott. CAVALLO Aldo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9193/2012 proposto da:
R.A.D., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato GINA
TRALICCI, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
(OMISSIS) in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29
presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso
dagli avvocati LIDIA CARCAVALLO, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN,
ANTONELLA PATTERI, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2518/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 31/03/2011 R.G.N. 8334/08.

RILEVATO IN FATTO
Che la Corte d’appello di Roma con la sentenza impugnata ha accolto l’appello proposto dall’Inps nei confronti di R.A.D. avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 19.9.2007 che aveva accolto il ricorso promosso dalla predetta nei confronti dell’INPS per interessi e rivalutazione su ratei di prestazione liquidati in ritardo;
che la Corte territoriale ha accolto il motivo d’appello con il quale era stata riproposta l’eccezione di nullità della procura alle liti conferita all’estero, come doveva ritenersi nel caso di specie, essendo tale procura priva della legalizzazione della firma da parte di notaio o di altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge dello Stato estero;
che avverso tale sentenza R.A.D. ricorre per cassazione con due motivi;
Che l’I.N.P.S. resiste con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
che la Corte reputa che il ricorso debba essere rigettato;
che, in particolare, con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 182 c.p.c., e dell’art. 112 c.p.c., dovendosi ritenere vigente ma non applicato dalla Corte territoriale il principio della sanabilità del difetto di procura alle liti affermato da Cass. SS.UU. n. 9217/2010;
che la tesi della ricorrente tendente ad affermare l’erroneità della sentenza impugnata per la mancata applicazione del disposto dell’art. 182 c.p.c., con l’effetto di sanare la carenza accertata dai giudici di merito, non è fondata posto che le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente ribadito che il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall’art. 125 c.p.c., (Cass., S.U., n. 13431 del 2014; Cass. n. 9464 del 2012);
che si è precisato che tale regola mantiene valore anche dopo la modifica degli artt. 83 e 182 cod. proc. civ., introdotta dalla L. n. 69 del 2009;
che con il secondo motivo di ricorso si sostiene, inoltre, che la Corte territoriale, violando gli artt. 434,115,116,83 e 232 c.p.c., abbia errato nel ritenere superata la presunzione di rilascio in Italia della procura ed abbia posto a carico della parte ricorrente l’onere di provare tale circostanza attraverso l’ordine di esibizione del passaporto e l’ordine di presentazione all’udienza per rendere l’interrogatorio formale;
che tale motivo è infondato poichè la Corte territoriale ha posto a base del ritenuto superamento della presunzione di rilascio della procura in Italia una serie di elementi, quali l’assenza di ogni indicazione del luogo e della data di rilascio della procura, la pacifica (stabile) residenza della ricorrente in (OMISSIS), la mancanza di dimostrazione di un suo ingresso in Italia, attraverso l’esibizione del passaporto o di documenti di viaggio, nonchè il suo comportamento processuale e, in particolare, la mancata comparizione in udienza per rispondere all’interrogatorio formale deferitole;
che, come emerge dalla sentenza impugnata, l’interrogatorio formale era stato deferito sulla circostanza relativa al luogo in cui la procura a margine del ricorso era stata sottoscritta: la mancata risposta rappresenta pertanto un fatto qualificato riconducibile al più ampio ambito del comportamento della parte nel processo cui il giudice può riconnettere valore di ammissione dei fatti dedotti e così di prova, secondo la sua prudente valutazione (Cass. 13 novembre 1997, n. 11233; Cass. 12 dicembre 2005, n. 27320);
Che la parte non trascrive il contenuto della procura cui la sentenza si riferisce, non deposita l’atto contestualmente al ricorso per cassazione, nè fornisce indicazioni per un facile reperimento dell’atto stesso nel presente giudizio, allo stesso modo non indica e non specifica con quale atto ed in quali termini avrebbe fatto rilevare al giudice d’appello le circostanze idonee a giustificare la mancata comparizione della parte a rendere l’interrogatorio formale, per contrastare le conseguenze di ordine probatorio che il giudice ne ha tratto a norma dell’art. 232 c.p.c., (cfr. Cass., 8 febbraio 1963, n. 222), per cui il motivo difetta di specificità;
che in definitiva, il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in difetto di idonea dichiarazione di esonero sottoscritta dalla parte ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c..
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del contro ricorrente, che liquida in complessivi Euro 2000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento e spese accessorie.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 settembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2018

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