ufficio_6In materia fallimentare nel caso in cui il tribunale sia chiamato alla determinazione complessiva del compenso per il curatore fallimentare e debba provvedere al successivo riparto tra i curatori che si siano succeduti nella funzione, è necessaria la partecipazione, al procedimento camerale di cui all’art. 39 della L.F., di tutti i soggetti che hanno rivestito tale qualità, al fine di individuare la frazione spettante a ciascuno di loro e ciò nel rispetto del principio del contraddittorio. Trattandosi di procedimento camerale, trovano applicazione le regole generali dettate relativamente ai giudizi in camera di consiglio dove al collegio sono riservati ampi margini di discrezionalità nell’individuare le forme più idonee per garantire il contraddittorio tra le parti.

Cass. civ. Sez. I, 27/04/2016, n. 8404 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – rel. Presidente –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2419-2014 proposto da:

R.M., (C.F. (OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Barretta, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, in via di Priscilla 128.

– ricorrente –

contro

T.M., (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Caiafa, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, in via Alfredo Fusco 104.

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO DRAGOMAR S.P.A., (C.F. (OMISSIS)), in persona del curatore pro tempore;

LANZONE DIECI S.R.L., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimati –

avverso il decreto del Tribunale di Roma, depositato il giorno 27 novembre 2013, nella procedura iscritta al n. 108/2002 r.g.;

Sentita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 25 marzo 2016 dal Presidente relatore Dott. Aniello Nappi;

udito l’avv. Barretta per la ricorrente e l’avv. Soldini per il controricorrente T.;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

R.M. impugna per cassazione il decreto con il quale il Tribunale di Roma liquidò il suo compenso e quello di T. M., quali curatori del fallimento della Dragomar s.p.a., la prima a partire dal 28 gennaio del 2002 fino alle sue dimissioni dall’incarico, rese effettive il 22 dicembre 2004, e il secondo da tale data fino alla chiusura della procedura, a seguito del concordato fallimentare proposto dalla Lanzone Dieci s.r.l.

omologato il 6 dicembre 2012.

Tenuto conto sia dell’opera prestata dai curatori sia delle modalità di gestione sia della durata dei rispettivi incarichi, il tribunale ritenne di ripartire il compenso tra i due professionisti nella misura di Euro 90.000,00 in favore della R. e di Euro 150.000,00 in favore del T..

Il ricorso è affidato a tre motivi.

T.M. ha notificato controricorso, mentre il fallimento della Dragomar s.p.a. e Lanzone Dieci s.r.l. non hanno spiegato difese.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 24 e 111 Cost., art. 39 e art. 90, u.c., l. fall., eccependo la nullità del decreto impugnato, in difetto di integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, in seno al procedimento che ha condotto alla liquidazione dei compensi spettanti, per l’attività di curatore, nonchè per esserle rimasto precluso l’accesso al fascicolo fallimentare.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 25, u.c., l. fall., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e art. 737 c.p.c., avendo il collegio omesso di motivare in ordine ai criteri adottati per la liquidazione del compenso accordato.

Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 39 l. fall., D.M. 25 gennaio 2012, n. 30, artt. 1 e 2, per non avere il tribunale tenuto conto, nella ripartizione del compenso tra i due curatori succedutisi nella gestione della procedura, dei risultati raggiunti e dell’attivo realizzato da ciascuno, nonchè per avere implicitamente negato ogni ulteriore compenso in ragione di una insussistenza sua negligenza nell’incarico.

Preliminarmente, va respinta l’eccezione sollevata dal controricorrente T., concernente la mancata nomina di un curatore speciale del fallimento Dragomar s.p.a., in quanto, se è vero che l’art. 78 c.p.c. si applica anche quando il conflitto di interessi sorga tra una procedura fallimentare e il suo curatore (è appunto l’ipotesi in cui il curatore intenda impugnare il provvedimento di liquidazione del suo compenso), nella vicenda in esame il ricorso teso a ottenere la cassazione del decreto di liquidazione risulta proposto da persona che non riveste più l’incarico di curatore del fallimento.

Il primo motivo è infondato.

Secondo l’orientamento di questa corte, cui il Collegio intende dare continuità, nel caso in cui il tribunale sia chiamato alla complessiva determinazione del compenso al curatore fallimentare, nonchè al successivo riparto tra i curatori, che si sono succeduti nella funzione, è necessaria la partecipazione al procedimento camerale di cui all’art. 39 l. fall. di tutti i soggetti che hanno rivestito tale qualità, al fine di individuare la frazione spettante a ciascuno, nel rispetto del principio del contraddittorio (Cass. 30 luglio 2012, n. 13551; Cass. 22 maggio 2007, n. 11859).

E’ chiaro, tuttavia, che, essendo quello previsto dal richiamato art. 39 l. fall. un procedimento camerale non altrimenti disciplinato, trovano applicazione le regole generali sui giudizi in camera di consiglio, ex artt. 737 c.p.c. e ss., che riservano al collegio ampi margini di discrezionalità nell’individuare le forme più idonee per assicurare il contraddittorio tra le parti.

Nel caso sottoposto alla Corte, allora, il contraddittorio tra entrambi i curatori succedutisi nell’incarico risulta ampiamente rispettato, considerato che all’istanza di liquidazione del compenso avanzata da T. venne allegata la memoria di R., già in precedenza depositata in cancelleria, in seno alla quale la predetta sottopose al tribunale tutti i conteggi relativi alle sue spettanze, indicando altresì gli scaglioni applicabili e le percentuali, minime e massime, sia per l’attivo liquidato sia per il passivo accertato.

Manifestamente inammissibile, poi, si rivela la censura relativa al mancato esercizio del diritto di accesso al fascicolo fallimentare, considerato che la relativa istanza venne presentata in cancelleria dalla R. solo successivamente al deposito del provvedimento qui impugnato.

Il secondo motivo è infondato.

Il decreto di liquidazione del compenso al curatore deve certamente essere motivato in ordine alle specifiche scelte discrezionali, che sono riservate al giudice dal citato art. 39 L. fall. e dalle norme regolamentari ivi richiamate (oggi il D.M. 25 gennaio 2012, n. 30 del 2012), con conseguente nullità del provvedimento che risulti del tutto privo di motivazione ovvero corredato di parte motiva soltanto apparente.

Tuttavia, la motivazione del decreto può ben essere sommaria, nel senso che il giudice, senza ritrascriverli nel decreto, può limitarsi a indicare quali elementi, tra quelli indicati nell’istanza che lo ha sollecitato, lo abbiano convinto ad assumere il provvedimento richiesto, essendo comunque tenuto, in ottemperanza all’obbligo di motivazione impostogli dall’art. 111 Cost., comma 6, a dar prova, anche per implicito, di aver considerato tutta la materia controversa (Cass. 24 settembre 2013, n. 21800; Cass. 17 maggio 2005, n. 10353).

E il tribunale nel decreto impugnato ha indicato, benchè in estrema sintesi, i criteri utilizzati per la liquidazione del compenso complessivo spettante ai due curatori, richiamando espressamente sia l’attivo realizzato sia il passivo accertato, dovendosi decisamente escludere la lamentata mancanza di motivazione.

Il terzo motivo è infondato.

Occorre invero ribadire che rientra nella piena discrezionalità del tribunale, non censurabile in sede di legittimità, indicare percentuali diverse, sul compenso complessivo, spettanti ai curatori che hanno ricoperto il medesimo incarico, essendo comunque il giudice tenuto soltanto a rispettare – ai sensi del combinato disposto del D.M. n. 30 del 2012, art. 2, comma 1, e dell’art. 39, comma 3, l.

fall. – il principio di “proporzionalità” nella ripartizione del detto compenso tra più professionisti.

Il giudice del merito nel provvedimento impugnato ha esattamente indicato le ragioni che hanno giustificato una diversa ripartizione dei compensi tra i due curatori succedutisi nell’incarico, evidenziando ai fini del riparto nel rispetto del principio proporzionale, la minor durata dell’incarico della R. rispetto a quella del T., determinata dalla sua cessazione dall’incarico (per dimissioni volontarie, ma quando era stata già convocata innanzi al collegio ex art. 37 l. fall.), a seguito di una misura cautelare personale disposta nei suoi confronti dall’autorità giudiziaria per fatti inerenti proprio all’ufficio ricoperto.

Le spese seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è integralmente respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, che ha aggiunto il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, liquidate in Euro 7,200, in essi compresi 7.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-

bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2016

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