L’eccezione di prescrizione presuntiva ex art. 2956 c.c. implica il riconoscimento dell’esistenza del credito nella misura rivendicata dal creditore. Stante quanto detto, essa non può essere fatta valere dal debitore che sostenga di aver estinto l’obbligazione mediante il pagamento di una somma minore di quella domandata, poiché, in siffatta maniera, egli nega parzialmente l’originaria esistenza del credito.

Il principio di cui all’art. 2937 c.c. della rinunciabilità alla prescrizione può applicarsi anche a quella di cui all’art. 2956 c.c. In tal senso, va evidenziato che, ai fini di una rinuncia tacita alla prescrizione, occorre un’incompatibilità assoluta tra il comportamento del debitore e la volontà di avvalersi della causa estintiva del diritto altrui. Occorre, pertanto, che nel comportamento del debitore sia necessariamente insita, senza possibilità di una diversa interpretazione, l’inequivoca volontà di voler rinunciare alla prescrizione già maturata e, quindi, di considerare come tuttora esistente ed azionabile quel diritto che si era, invece, estinto.

Cass. civ. Sez. III, 15/05/2012, n. 7527

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12681/2010 proposto da:

C.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 101, presso lo studio dell’avvocato FRANCUCCI FULVIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIAN LUCA LAUDENZI, STEFANIA SPORTOLETTI giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.F.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICOLA RICCIOTTI 9, presso lo studio dell’avvocato COLACINO VINCENZO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato RENZONI FRANCESCO PAOLA giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 442/2009 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 16/11/2009; R.G.N. 344/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/03/2012 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato VINCENZO COLACINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo
L’avv. M.F.C. convenne, davanti al tribunale di Perugia, C.L. chiedendone la condanna al pagamento di compensi professionali, relativi a molteplici prestazioni professionali, dettagliatamente indicate, svolte dal 1976 al 1999, per complessivi Euro 42.946,95, somma dovuta al netto dell’avvenuto versamento di L.. 23.700.000.

Il C. si costituì eccependo la prescrizione del diritto vantato dall’attore, proponendo, a sua volta, domanda riconvenzionale di risarcimento del danno.

Il tribunale, con sentenza n. 525 del 2006, rigettò entrambe le domande, quella principale per intervenuta prescrizione, quella riconvenzionale perchè infondata.

A diversa conclusione pervenne la Corte d’Appello che, con sentenza del 16.11.2009, accolse l’appello proposto dal M..

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi il C..

Resiste con controricorso il M..

Il giudizio davanti alla Corte di Cassazione è iniziato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., con il deposito in cancelleria della relazione, ai sensi del comma 1, della norma citata e la fissazione – con decreto – dell’adunanza, da parte del Presidente.

Il decreto e la relazione sono stati comunicati al Pubblico Ministero e notificati ai difensori delle parti.

Il ricorrente ha presentato memoria.

Nella seduta del 15.12.2011 la Corte ha deliberato sul ricorso.

Il Collegio ha rinviato la causa alla pubblica udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 5.

Motivi della decisione
Al ricorso si applicano le norme di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, per essere il provvedimento impugnato depositato successivamente all’entrata in vigore della indicata normativa (4 luglio 2009).

Con due motivi il ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (artt. 2937, 2944, 2956 e 2959 c.c.).

Contesta l’erroneità della sentenza impugnata, per avere riconosciuto applicabile la prescrizione estintiva e non presuntiva in materia di compensi professionali e, conseguentemente, avere dato rilievo – quale riconoscimento del diritto e rinuncia ad avvalersi della prescrizione maturata – alla dichiarazione contenuta nella lettera 17.4.1997 inviata dall’attuale ricorrente all’avv. M..

Diversamente, trattandosi del diritto di un professionista alla percezione del compenso, si verte in ipotesi di prescrizione presuntiva, che trova fondamento nella presunzione di adempimento dell’obbligo; con la conseguenza che l’unica prova contraria ammessa è quella risultante dall’ammissione o dal giuramento, ex artt. 2959 e 2960 c.c..

I motivi, trattati congiuntamente per la connessione logico-giuridica delle censure con gli stessi proposte, non sono fondati per le ragioni che seguono.

Il riferimento all’art. 2956 c.c., n. 2, contenuto nella parte espositiva della sentenza impugnata in questa sede, rende evidente che l’attuale ricorrente abbia, nel giudizio di primo grado, eccepito la prescrizione con riferimento a quella presuntiva relativa al credito del legale di cui, appunto, all’art. 2956 c.c., n. 2.

Peraltro, l’eccezione di prescrizione presuntiva implica il riconoscimento dell’esistenza del credito nella misura richiesta dal creditore; con la conseguenza che non può farla valere il debitore che sostenga di aver estinto l’obbligazione mediante il pagamento di una somma minore di quella domandata, poichè, in tal modo, egli nega parzialmente l’originaria esistenza del credito (v. anche Cass. 7.4.2005 n. 7277).

La sentenza della Corte di merito riporta lo svolgimento del processo, per quel che qui interessa, come segue: “Con atto di citazione dell’aprile 2000 l’avvocato M.F.C. conveniva davanti al tribunale di Perugia C.L. per ottenere la condanna al pagamento di compensi professionali – relativi a molteplici incarichi specificamente indicati – per complessivi 42.946,95 Euro, somma dovuta al netto dell’avvenuto versamento di 23.700,00 lire”.

” C. si costituiva, rilevando che la pretesa traeva origine da distinte attività e per ogni singola posizione elencata da controparte avanzava eccezione di prescrizione ex art. 2956 c.c., n. 2; quanto ai compensi relativi a tre procedure – che C. ipotizzava non oggetto di prescrizione – l’importo di 23.700,00 lire già versato era ampiamente satisfattivo”.

Ora, l’indicazione contenuta nella sentenza rende evidente che il C., nell’eccepire la prescrizione presuntiva, abbia in sostanza affermato di avere estinto l’obbligazione almeno quella relativa ai compensi inerenti alle tre procedure citate -, mediante il pagamento di una somma inferiore rispetto a quella domandata; con. la conseguenza che egli, sotto questo profilo, di tale prescrizione non si può avvalere (Cass. 21.6.2010 n. 14927).

Con riferimento poi, ai compensi relativi all’attività professionale in precedenza compiuta dall’attuale resistente – il cui diritto il C. ritiene prescritto ai sensi dell’art. 2956 c.c., n. 2 – deve evidenziarsi quanto segue.

La prescrizione presuntiva, anche se fondata su di una presunzione, è cosa ben diversa dalla presunzione stessa ed, a differenza di questa, non è un mezzo di prova, ma incide direttamente sul diritto sostanziale limitandone la protezione giuridica.

Questa incidenza sostanziale non è, per sua natura, diversa anche se più limitata – da quella derivante dalla prescrizione ordinaria, che giunge sino all’estinzione del diritto, e, pertanto, è regolata dagli stessi principi. In particolare, è applicabile alla prescrizione presuntiva il principio, di cui all’art. 2937 c.c., della rinunciabilità alla prescrizione (Cass. 3.7.1969 n. 2437; v. anche Cass. 11.2.1967 n. 40).

In questa ottica va sottolineato che, ai fini di una rinuncia tacita alla prescrizione, occorre una incompatibilità assoluta tra il comportamento del debitore e la volontà di avvalersi della causa estintiva del diritto altrui.

Occorre, cioè, che nel comportamento del debitore sia necessariamente insita, senza possibilità di una diversa interpretazione, l’inequivoca volontà di rinunziare alla prescrizione già maturata e, quindi, di considerare come tuttora esistente ed azionabile quel diritto, che si era, invece, estinto.

Ora, la Corte di merito esamina il contenuto della missiva del 17.4.1997, inviata dal C. al M., con la quale il primo “rinnovando” quanto già dettole in altre occasioni, sia nel suo studio, sia telefonicamente “adduceva la propria difficile situazione economica, chiedeva all’avv. M. di soprassedere ad azioni legali volte al recupero dei propri compensi, affermava di non volersi sottrarre ai suoi u doveri in merito alle prestazioni da Lei svolte, dava la propria parola che non sarebbe cambiato il suo impegno a regolare la propria posizione appena possibile”.

Queste dichiarazioni, sono ritenute dalla stessa Corte di merito “incompatibili con la volontà di avvalersi della prescrizione (in ipotesi) maturata relativamente a taluni dei compensi vantati dal professionista”; con il conseguente riconoscimento di una tacita rinuncia ad avvalersi della stessa.

L’indagine è stata correttamente svolta dalla Corte di merito ed il suo risultato non è, pertanto, censurabile in questa sede (v. anche Cass. 20.12.2005 n. 28254).

In sostanza, il C. ha posto in essere una manifestazione tacita di volontà di rinuncia alla prescrizione presuntiva maturata, esprimendo, altresì, la sua volontà negoziale di non volersi avvalere di quel diritto che aveva ad oggetto la sua liberazione dall’obbligo assunto.

La conseguenza è che da tale momento (quello cioè dell’atto rinunciativo) comincia a decorrere un nuovo termine di prescrizione, comunque ordinario.

La Corte di merito, quindi, ha raggiunto, pur con le precisazioni che si sono indicate, corrette conclusioni.

I rilievi proposti dall’odierno ricorrente non sono, quindi, condivisibili.

Un tale dichiarazione di rinuncia alla prescrizione maturatasi, poi, esclude la rilevanza – nella specie – dei principi di cui all’art. 2960 c.c., il quale prevede la delazione del giuramento quale mezzo per vincere la prescrizione presuntiva.

E ciò perchè, di fronte ad una inequivocabile condotta come quella accertata, nessuna esigenza aveva l’attuale resistente di deferire il giuramento decisorio per vincere l’eccezione di prescrizione presuntiva, alla quale la parte aveva rinunciato (v. anche Cass. 2.11.1978 n. 4981). Conclusivamente, il ricorso è rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo sono poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

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