fallimentiIn seno alle società per azioni la distinzione tra la posizione di socio creditore della società e quella di semplice socio, non rileva relativamente all’efficacia vincolante della delibera assembleare con la quale si autorizzi l’organo amministrativo alla richiesta di fallimento della società stessa, essendo, tale delibera, vincolante ai sensi dell’art. 2377 c.c., per tutti i soci.

Cass. civ. Sez. VI – 1 Ordinanza, 30/10/2014, n. 23089  

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20978/2013 proposto da:

G.M. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II n. 18, presso lo STUDIO GREZ, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO BLASI, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 60, presso lo studio dell’avvocato LONGO RUGGERO, rappresentato e difeso dall’avvocato MONOPOLI PIETRO, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO OASI TOUR SRL, B.J.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 360/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE –

Sezione Distaccata di TARANTO del 5.7.2013, depositata il 23/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8/07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito per il controricorrente l’Avvocato Ruggero Longo (per delega avv. Pietro Monopoli) che si riporta agli scritti.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. E’ stata depositata in Cancelleria, e regolarmente comunicata, la seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato che G.M. ha proposto ricorso per cassazione della sentenza della Corte d’appello di Lecce n.360/2013, resa pubblica il 23 luglio 2013 e notificata il 6 agosto successivo, che, rigettando l’appello proposto dalla predetta, ha confermato il rigetto, deciso dal Tribunale di Tarante, della opposizione avverso la sentenza n. 56/2004 con la quale era stato dichiarato il fallimento della Oasi Tour s.r.l., su istanza della stessa società e del creditore D.P.S.; che resiste con controricorso il D.P., mentre gli intimati Curatela del Fallimento Oasi Tour e B.J. (anch’essa opponente in primo grado) non hanno svolto difese;

considerato Che sia il giudice di primo grado sia quello d’appello hanno ritenuto la G. carente di legittimazione a proporre opposizione, a norma della L. Fall., art. 18, (nel testo antecedente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 5 del 2006), avverso la sentenza dichiarativa del fallimento della Oasi Tour s.r.l., della quale la predetta è socia: i giudici di merito hanno rilevato che, avendo l’assemblea dei soci deliberato, nella riunione del 24.7.2003, di autorizzare l’organo amministrativo alla richiesta di fallimento della società stessa, ed essendo tale delibera vincolante, ex art. 2377 c.c., per tutti i soci – anche in relazione alla propria posizione di creditori verso la stessa società- in difetto di provvedimento di sospensione o di annullamento da parte del giudice (l’impugnazione proposta dalla G. era stata dichiarata inammissibile con sentenza passata in giudicato), l’opposizione è da ritenere preclusa alla G., a norma del comma secondo dell’art. 18 nel testo previgente, secondo cui l’opposizione non può essere proposta da chi ha chiesto la dichiarazone di fallimento;

che con i primi due motivi di ricorso (il terzo riguarda la questione, non esaminata in sede di merito, relativa alla sussistenza dello stato di insolvenza) viene censurata la statuizione preliminare sul difetto di legittimazione della opponente; con il primo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 18, e dell’art. 100 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione, evidenziando l’errore, nel quale sarebbe incorsa la corte distrettuale, di non considerare che la giurisprudenza di legittimità cui la corte stessa ha fatto riferimento (Cass. n. 558/2001; n. 19923/06), nell’escludere che la qualità di creditore della società possa far attribuibire al socio della società stessa (che abbia richiesto il proprio fallimento) la qualità di terzo ai fini della proponibilità della opposizione, si riferirebbe solo al credito nascente dalla quota di capitale sottoscritto, non anche al credito – da essa ricorrente vantato nei confronti della società – per la restituzione di un finanziamento eseguito mediante tacitazione del fideiussore della società stessa che era stato escusso dal terzo garantito; che con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.) sulla circostanza per cui essa ricorrente, oltre che quale creditrice della società fallita, avrebbe agito in opposizione a tutela del suo interesse nascente dalla posizione di ex amministratore della società stessa, in relazione alla denunzia penale subita per mala gestio e attività fraudolenta;

ritenuto che tali doglianze non appaiono meritevoli di accoglimento;

che, quanto al primo motivo, la distinzione che la ricorrente prospetta tra la sua posizione di creditrice della società e quella di semplice socia non sembra idonea a condurre a conclusioni difformi da quelle raggiunte dalla giurisprudenza richiamata dalla sentenza impugnata; che, invero, l’efficacia vincolante della delibera assembleare opera nei confronti di tutti i soci, anche in relazione alla loro posizione di creditori della società; che tanto più pare valido tale assunto nel caso in esame, in cui è la stessa ricorrente a rilevare, sia pure ad altri fini (cfr. pagg. 11 – 14 ricorso), come il suo “finanziamento infruttifero” effettuato in favore della società fosse in effetti volto a incrementarne il patrimonio netto, sì da doversi escludere (in coerenza con la giurisprudenza di questa Corte: cfr. da ultimo Sez. 1^ n. 21563/08; n. 2758/12) un corrispondente credito esigibile alla restituzione, stante la indisponibilità “durante societate” della riserva in tal modo costituita: condizione, questa, in tutto analoga a quella del diritto, spettante ad ogni socio, alla restituzione della quota di capitale sottoscritto, inesigibile sino alla approvazione del bilancio finale di liquidazione ed al soddisfacimento dei creditori sociali (cfr. S.U. n. 22659/06); che la doglianza di cui al secondo motivo appare inammissibile, atteso che dall’esame degli atti del giudizio di merito (reso necessario dalla richiesta verifica in ordine alla nullità della sentenza di merito: cfr. S.U. n.8077/12) emerge come la odierna ricorrente non abbia mai prospettato in tali fasi un suo interesse alla decisione sulla opposizione correlato alla qualità di ex amministratore unico (cfr. Cass. n. 19923/06, in motivazione): un riferimento siffatto, in particolare, non si rinviene nè nell’atto di opposizione, nè soprattutto nell’atto di appello avverso la sentenza di primo grado nonostante in tale pronuncia vi sia l’espresso riferimento (cfr. pag. 14) alla declaratoria delle opponenti di agire nella esclusiva qualità di socie;

che il mancato accoglimento dei primi due motivi assorbirebbe il terzo; per questi motivi ritiene che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio a norma degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., per ivi, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, essere rigettato”.

2. All’esito della odierna adunanza camerale, il Collegio, lette le memorie depositate dalle parti, condivide pienamente le considerazioni svolte nella relazione, non conducendo a diverse conclusioni le difese contenute nella memoria di parte ricorrente.

Ove si torna a enfatizzare una distinzione, tra la posizione di socia creditrice della società e quella di semplice socia, che si mostra inidonea a superare l’efficacia vincolante rivestita, a norma dell’art. 2377 c.c., dalla delibera assembleare nei confronti di tutti i soci (con le conseguenze sopra esposte), tantomeno in un contesto, quale quello descritto dalla stessa ricorrente, nel quale il credito vantato dalla socia risulta in tutto assimilabile – sotto il profilo della qualificazione giuridica – al credito spettante a tutti i soci per la restituzione del capitale versato. Si impone dunque il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della ricorrente alle spese, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso in favore del resistente D.P.S. delle spese di questo giudizio di cassazione, in complessivi Euro 5.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 luglio 2014.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2014

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