Il licenziamento individuale del dirigente d’azienda può fondarsi su ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale che non devono necessariamente coincidere con l’impossibilità della continuazione del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolarmente onerosa detta continuazione. Ciò in quanto il principio di correttezza e buona fede, costituente il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve essere coordinato con la libertà di iniziativa economica come garantita dall’art. 41 Cost.

Cass. civ. Sez. lavoro, 26/11/2012, n. 20856   

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25387/2008 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 109, presso lo studio dell’avvocato FONTANA GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati CHIUSOLO STEFANO, FEZZI MARIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CBS OUTDOOR HOLDING S.R.L., (già VIACOM EXPRESS S.P.A., nonchè CBS OUTDOOR S.R.L. (già VIACOM OUTDOOR S.R.L.) (OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato PAGNOTTA NICOLA, rappresentate e difese dall’avvocato ROCCO DI TORREPADULA FRANCESCO, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 794/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 30/06/2008 r.g.n. 1365/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/10/2012 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato FABIO FONZO per delega FONTANA GIUSEPPE;

udito l’Avvocato ROCCO DI TORREPADULA FRANCESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 30.6.2008, la Corte di Appello di Milano rigettava il gravame proposto da C.D. avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda del predetto intesa alla declaratoria della ingiustificatezza del licenziamento intimatogli il 31.3.2003 ed alla condanna in solido delle società, alle cui dipendenze aveva lavorato, al pagamento dell’indennità supplementare nella misura di Euro 382.289,01, nonchè di altri importi trattenuti indebitamente o dovuti a titolo di differenze economiche per incidenza di voci retributive su istituti contrattuali o di bonus.

Rilevava la Corte del merito che i bilanci delle società, certificati dalla società di revisione Price Waterhouse, avevano documentato la crisi di entrambe dal giugno 2001 e che i testi M. e Ma. avevano espressamente confermato la circostanza anche per la società Viacom Express, mentre gli altri testi avevano minimizzato la crisi, affermando che le perdite erano derivate da un maggior accantonamento per tale ultima società. Non poteva tenersi conto della circostanza, riferita dall’appellante solo in sede di gravame, che egli si era occupato unicamente di vicende relative alla società Viacom Express, onde non era giuridicamente consentito disporre alcuna ulteriore indagine istruttoria in tale fase, e la nuova prospettazione dei fatti confermava l’indifendibilità delle precedenti tesi difensive, smentite dai testi e dalla documentazione acquisita. Era, poi, risultata provata la soppressione definitiva della posizione di direttore commerciale a seguito di un generale snellimento della struttura organizzativa, finalizzato a ridurre i costi, ed era emerso dall’espletata istruttoria che le mansioni di vendita del C. erano state attribuite, per la parte operativa, ai collaboratori S. e Z. e, per la parte della gestione del personale, al Ma., direttore di marketing e commerciale della società Viacom Outdoor ed amministratore delegato della società Viacom Express, e che, peraltro, alcuni dipendenti assunti dopo il licenziamento dell’appellante avevano una qualifica impiegatizia, non comparabile con il ruolo dirigenziale del C..

Il licenziamento non poteva ritenersi caratterizzato da intento discriminatorio o da motivo illecito ed i fatti erano idonei ad escludere l’arbitrarietà e pretestuosità del recesso.

Per gli altri importi reclamati, la sentenza escludeva che la società fosse ulteriormente obbligata, essendo stato chiarito dai testi che gli anticipi venivano recuperati se i conguagli risultavano negativi per i lavoratori.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il C. con tre motivi, illustrati con memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Resistono, con controricorso, le società intimate, che espongono ulteriormente le proprie difese con memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, il C. denunzia violazione dell’art. 437 c.p.c., sul rilievo che in appello non erano state prospettate domande nuove, ma era stato solo evidenziato che l’istruttoria svolta già in primo grado aveva fatto emergere che esso ricorrente non aveva alcun legame lavorativo con la società Viacom Outdoor, essendo estraneo al settore delle affissioni pubblicitarie e solo formalmente designato quale direttore vendite di entrambe le società Viacom Express, e Viacom Outodoor, con una modifica meramente formale della designazione, dal momento che aveva sempre continuato ad occuparsi delle vendite della sola società V. E., alle dirette dipendenze di m.p.. Rileva che tutti i testi escussi, ad eccezione del M. e del Ma., scarsamente attendibili, avevano affermato che, a far tempo dalla comunicazione del 24.1.2002, esso istante aveva fatto riferimento, non occupandosi della parte affissionistica, a m.p.. Da ciò doveva evincersi che aveva errato la sentenza impugnata nell’escludere di non potere istruire la circostanza che il ricorrente non aveva svolto attività lavorativa nell’ambito del settore dell’affissionistica, trascurando che tale circostanza era stata già istruita dal primo giudice e che quindi si trattava di valutare i risultati della stessa.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, richiamando i dati del verbale del consiglio di amministrazione, da cui, a suo dire, emergerebbe che solo una diversa tecnica contabile adottata nel bilancio della società V.E. aveva determinato un aumento del passivo anche per la stessa, ed i libri paga e matricola allegati alle note autorizzate del ricorrente, dai quali era rilevabile l’avvenuta assunzione di nuovo personale, ed osservando che la posizione privilegiata di esclusiva nel settore pubblicitario di V. E. la rendeva immune da ogni rischio imprenditoriale, onde la crisi lamentata era poco credibile.

Con il terzo motivo, si duole della omessa motivazione su un altro punto decisivo della controversia, sostenendo che, contrariamente a quanto affermato nella lettera di licenziamento, la funzione di direttore commerciale non era stata soppressa, ma semplicemente assegnata ad altra persona (amministratore delegato Ma.), che, poco dopo, era stata assunta con la stessa qualifica di dirigente che aveva il C., così come confermato dai testi indicati e delle relative deposizioni.

Il primo motivo è inammissibile ancor prima che infondato, in quanto con lo stesso si denunzia nella sostanza l’erroneità dell’apprezzamento di fatto compiuto dal giudice del gravame in merito al contenuto dell’atto di appello ed alle risultanze della prova espletata e non una violazione di legge, essendo la norma processuale invocata sul presupposto che la interpretazione delle prove orali dovesse essere diversa da quella compiuta dal giudice del merito, per essere i testi M. e Ma. scarsamente attendibili e dovendo valorizzarsi quanto affermato dagli altri testi escussi, nelle deposizioni rese, riportate e ritrascritte in modo parziale nel motivo di impugnazione. A ciò deve aggiungersi il rilievo di un ulteriore profilo di inammissibilità, evidenziato dalla formulazione del quesito di diritto, che, pur enunciando la regula iuris ritenuta applicabile nella specie, non indica quella contraria applicata dal giudice del gravame se non attraverso l’osservazione che l’attività lavorativa del C. dovesse essere ritenuta, in base all’istruttoria già svolta, come prestata esclusivamente alle dipendenze di V.E., con ciò rifluendo la prospettazione della violazione formalmente in diritto in denunzia di vizio di motivazione, non supportata da rilevi specificamente afferenti all’erroneità ed illogicità dell’iter argomentativo seguito dal giudice del merito.

Anche il secondo ed il terzo motivo devono essere disattesi, perchè con entrambi si mira a contrastare, attraverso la prospettazione di una difforme ricostruzione della vicenda, il ragionamento seguito dalla Corte del merito. Ed invero, in tema di giudizio di cassazione, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge).

Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base (cfr. Cass. 21.4.2006 n. 9368, cui adde, tra le altre, Cass. 26.6.2007 n. 14745 e Cass. 12.7.2007 n. 15604).

Non si riscontrano nella formulazione dei motivi all’esame elementi idonei a dimostrare la sussistenza del vizio dedotto e la decisività di prove asseritamente non valutate a modificare i termini della decisione, che ha dato esaurientemente conto sia della rilevanza attribuita al contenuto dei bilanci delle due società, certificati dalla società di revisione Price Waterhouse, idoneo a documentare la crisi delle stesse dal giugno 2001, ed alla conferma di tale circostanza attraverso la prova orale, sia alla mancanza di posizioni lavorative corrispondenti a quella di direttore delle vendite, senza che peraltro per la funzione dirigenziale un tale onere probatorio dovesse essere assolto.

A tale ultimo riguardo deve anche rilevarsi che il licenziamento individuale del dirigente d’azienda può fondarsi su ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale, che non debbono necessariamente coincidere con l’impossibilità della continuazione del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolarmente onerosa detta continuazione, dato che il principio di correttezza e buona fede, che costituisce il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve essere coordinato con la libertà di iniziativa economica, garantita dall’art. 41 Cost. (cfr. Cass. 8.3.2012 n. 3628). E nella specie deve escludersi la fondatezza delle prospettate violazioni in fatto in relazione ai motivi coerentemente esposti nella motivazione della sentenza d’appello, essendo principio pacifico, affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, quello alla cui stregua, per stabilire se sia giustificato il licenziamento di un dirigente intimato per ragioni di ristrutturazione aziendale, non è dirimente la circostanza che le mansioni da questi precedentemente svolte vengano affidate ad altro dirigente in aggiunta a quelle sue proprie, in quanto quel che rileva è che presso l’azienda non esista più una posizione lavorativa esattamente sovrapponile a quella del lavoratore licenziato, dovendo altresì considerarsi che, poichè il licenziamento del dirigente non richiede necessariamente un giustificato motivo oggettivo, esso è consentito in tutti i casi in cui sia stato adottato in funzione di una ristrutturazione aziendale dettata da scelte imprenditoriali non arbitrarie, non pretestuose e non persecutorie (cfr. Cass. 22.10.2010 n. 21748). L’attribuzione delle mansioni di vendita per la parte operativa e gestionale ad altro personale evidenziata nella impugnata decisione induce a disattendere ogni rilievo formulato nei motivi anzidetti, osservandosi che nessuna rilevanza assume la circostanza relativa all’assunzione da parte di altri della posizione di direttore commerciale, atteso che, come osservato dalle controricorrenti, la posizione lavorativa del C. era stata indicata come Direttore vendite, onde le argomentazioni svolte dalla Corte territoriale al riguardo risultano coerenti e prive di salti logici, cosi da renderla immune dalle censure avanzate.

Alla stregua di tali osservazioni, il ricorso deve essere respinto ed il ricorrente va condannato, in applicazione della regola della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle resistenti, delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in Euro 40,00 per esborsi ed Euro 4.600,00 (quattromilaseicento) per compensi professionali, oltre accessori di legge.

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