articolo tratto dal sito del COA di Catanzaro
Tempi duri per i Curatori fallimentari che prolungano eccessivamente e con grave colpa la durata della procedura concorsuale.

In qualità di pubblico ufficiale del Giudice delegato è infatti ipotizzabile, nel loro confronti, il danno erariale.

E’ quanto postulato nell’atto di citazione inoltrato dalla procura generale presso la Corte dei Conti della Regione Siciliana che muove dalla richiesta di equa riparazione presentata davanti all’Autorità giudiziaria e preordinata a conseguire il danno derivante proprio dalle lungaggini di una procedura fallimentare.

REPUBBLICA ITALIANA
PROCURA REGIONALE
PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE
DELLA CORTE DEI CONTI PER LA REGIONE SICILIANA
ATTO DI CITAZIONE IN GIUDIZIO
del Procuratore regionale della Corte dei conti per la Sicilia
contro
G. G., nato a …omissis… con studio in Trapani Via …omissis…
FATTO
Con nota in data 24 giugno 2003, la Corte d’appello di Caltanissetta trasmetteva, ai sensi dell’art. 5 della L. 24 marzo 2001 n. 89, copia del decreto n. 45 del 17/24 giugno 2003, con il quale la Sezione equa riparazione aveva accolto la domanda proposta da S. P. nei confronti del Ministero della Giustizia, per il danno non patrimoniale dallo stesso subito a causa della eccessiva durata della procedura fallimentare pendente dinnanzi al Tribunale di Trapani, iscritta al n. 2079/86 Reg. Fall..
La Corte d’appello, dall’esame degli atti del fascicolo fallimentare, rilevava che il ritardo nella definizione del giudizio è stato determinato dalla condotta del curatore fallimentare, in quanto dopo le attività di verifica dello stato passivo e di espletamento di C.T.U., non ha dato più impulso alla procedura, omettendo pure di procedere alla liquidazione dell’unico bene acquisito all’attivo del fallimento; conseguentemente condannava il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore di S. P., e a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, della somma di euro 7.000,00.
In data 30 novembre 2006, l’Avvocatura distrettuale di Caltanissetta, nel trasmettere gli atti di causa, ha comunicato che avverso il suddetto decreto non è stato proposto ricorso per Cassazione.
Con nota in data 11 luglio 2005, il Ministero della Giustizia comunicava che in esecuzione del decreto n. 45/03 R.D. era stata complessivamente liquidata la somma di euro 8.568,79.
In data 18 dicembre 2007, questa Procura regionale emetteva invito a dedurre in merito ai fatti di cui sopra nei confronti del curatore fallimentare, avvocato G. G..
In data 5 marzo 2008, il G., in sede di audizione personale, ha sostanzialmente ammesso l’addebito ed ha richiesto l’esercizio del potere riduttivo.
DIRITTO
La legge 24 marzo 2001 n. 89 prevede un’equa riparazione a favore di coloro che abbiano subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto della violazione del termine di ragionevole durata del processo previsto dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con legge 4 agosto 1955 n. 848.
Ai sensi dell’art. 5 della L. n. 89/2001, il decreto emesso dalla competente Corte d’appello è comunicato al procuratore generale (rectius: regionale) della Corte dei conti, ai fini dell’eventuale avvio del procedimento di responsabilità.
Va, preliminarmente, rilevata la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del curatore fallimentare.
Dall’esame degli artt. 27 ss. del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 appare con evidenza la sussistenza del rapporto di servizio tra tale funzionario onorario e l’amministrazione della giustizia nell’ambito di una procedura, fortemente connotata da profili pubblicistici, quale è la procedura fallimentare.
Peraltro, il curatore, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, è pubblico ufficiale (art. 30 L.F.) e compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato, nell’àmbito delle funzioni ad esso attribuite il cui inadeguato esercizio dà luogo a revoca, disposta con decreto motivato del tribunale, sentito il P.M.
Dall’esame del decreto della Corte d’appello n. 45/2003 e di tutti gli altri atti acquisiti in istruttoria (vedasi nota dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Caltanissetta e relativi allegati), si evince che il ritardo nella definizione del giudizio è stato determinato dalla condotta del curatore fallimentare, in quanto dopo le attività di verifica dello stato passivo, egli non diede più impulso alla procedura, omettendo pure di procedere alla liquidazione dell’unico bene acquisito all’attivo del fallimento e determinando la intollerabile stasi procedurale di anni nove, censurata dalla Corte d’appello in sede di giudizio di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo.
Dal fascicolo della procedura fallimentare si evince, inoltre, che il curatore inadempiente venne invano invitato a presentare una relazione dal giudice delegato; neanche la convocazione personale sortì alcun effetto, sicché, il Tribunale, con proprio decreto in data 3 maggio 2001, dispose la sostituzione del curatore.
Il lungo, ingiustificato ed inammissibile ritardo da parte del G. ha, pertanto, determinato la inevitabile soccombenza giudiziale del Ministero della Giustizia, in esito alla quale è emerso un danno complessivamente quantificato in euro 8.568,79, pari alla somma liquidata.
Tutto ciò premesso, l’Avv. G. G. va condannato a risarcire in favore del Ministero della Giustizia il danno, determinato complessivamente in euro 8.568,79, oltre alla rivalutazione monetaria dalla data dell’esborso, agli interessi legali dalla data della sentenza, nonché alle spese del presente giudizio.
P. Q. M.
Il sottoscritto Procuratore regionale, nel depositare gli atti del giudizio nei modi di rito
CITA
G. G., nato a …omissis… con studio in Trapani Via …omissis…
A COMPARIRE
davanti alla Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, sita in Palermo, Via Cordova n. 76, all’udienza che sarà fissata con decreto pedissequo al presente atto, per ivi sentirsi condannare al pagamento, in favore del Ministero della Giustizia della somma di euro 8.568,79, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese del presente procedimento.
Con l’avvertenza che almeno venti giorni prima dell’udienza per la trattazione della causa il convenuto potrà costituirsi in giudizio nelle forme previste dall’art.166 c.p.c., anche personalmente, mediante deposito di memorie o documenti, purché in regola con il bollo, presso la Segreteria della Sezione adita, mentre non potrà comparire all’udienza se non per mezzo di avvocato.
Con riserva di ogni altro diritto, azione, domanda e ragione, compresi quelli di modifica e di accrescimento, il sottoscritto fa istanza al Signor Presidente della Sezione Giurisdizionale predetta affinchè voglia fissare l’udienza per la trattazione della causa.
Palermo, 7 marzo 2008.
IL PROCURATORE REGIONALE
Guido Carlino

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