insinuazione-al-passivo-e1368145885291Il credito tributario a mezzo ruolo, in caso di fallimento del debitore, può essere fatto valere dal concessionario alla riscossione attraverso l’iter procedurale previsto per gli altri crediti concorsuali dagli artt. 92 e seguenti della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942), senza la necessità della previa notificazione della cartella esattoriale al curatore. L’ammissione al passivo può, invero, aver luogo sulla base del semplice ruolo, ai sensi dell’art. 87, comma 2, D.P.R. n. 602 del 1973, ferma restando, in presenza di contestazioni, la necessità dell’ammissione con riserva, da sciogliersi a seguito della definizione proponibile dinanzi al Giudice tributario. L’esclusione della necessità della previa notifica della cartella esattoriale comporta che i vizi formali dei quali la stessa sia eventualmente affetta non possono incidere in alcun modo sull’ammissione al passivo del credito tributario; è, pertanto, irrilevante, a tal fine, la circostanza che, nonostante il venir meno della legittimazione sostanziale e processuale del debitore, conseguente alla dichiarazione di fallimento, la cartella sia stata notificata ad esso, anziché al curatore. Né l’ammissione al passivo può ritenersi preclusa dalla nullità della cartella per difetto del requisito di cui all’art. 7, comma 2, della legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente) o dall’avvenuta notificazione dell’atto al curatore in copia non autentica (vizio nella specie, pertanto, infondatamente dedotto).

Cass. civ. Sez. I, 05/03/2015, n. 4483    

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

FALLIMENTO DELLA UNION PAPER S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del curatore p.t. dott. P.G., elettivamente domiciliato in Roma, alla via dei Gracchi n. 209, presso l’avv. CARDONI CESARE, unitamente all’avv. CONTICELLI GUIDO del foro di Viterbo, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SERIT S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, alla via I. Vivanti n. 157, presso l’avv. PUGGIONI FABRIZIO, unitamente all’avv. MICHELE GUERRIERO del foro di Viterbo, dal quale è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Viterbo depositato il 28 aprile 2008, n. 2706/07 R.G.;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9 dicembre 2014 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito l’avv. Conticelli per il ricorrente e l’avv. Paradiso per delega del difensore della controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, il quale ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità, ed in subordine per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. – Con decreto del 28 aprile 2008, il Tribunale di Viterbo ha accolto l’opposizione proposta dall’Equitalia Serit S.p.a. avverso lo stato passivo del fallimento della Union Paper S.p.a., ammettendo al passivo i crediti fatti valere dalla società opponente, per Euro 2.436.244,81 in privilegio e per Euro 135.538,36 in chirografo.

A fondamento della decisione, il Tribunale ha ritenuto irrilevante che la cartella esattoriale fosse stata notificata al curatore in copia non autentica, osservando che l’atto posto a fondamento della pretesa tributaria è l’iscrizione a ruolo, mentre la cartella esattoriale, oltre a non recare alcuna sottoscrizione o segno identificativo, è solo il documento con cui la pretesa viene portata a conoscenza del contribuente, per consentirne l’impugnazione.

Premesso inoltre che i tributi richiesti con la cartella (ritenute fiscali a carico dei dipendenti, IRAP e IVA) erano chiaramente individuabili in base all’indicazione della tipologia e dell’anno di riferimento, il Tribunale ha ritenuto che non si ponesse alcun problema di accertamento, trattandosi di tributi dovuti in base a dichiarazioni presentate dalla stessa società fallita, cui non aveva fatto seguito il pagamento, e non avendo il curatore impugnato dinanzi al Giudice tributario la cartella regolarmente notificatagli.

2. – Avverso il predetto decreto il curatore del fallimento propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. L’Equitalia Serit resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 98 e 99, censurando il decreto impugnato nella parte in cui, ai fini dell’accoglimento della domanda, ha conferito rilievo alla notifica della cartella esattoriale al curatore, alla quale la società opponente aveva provveduto nel corso del giudizio, avendo precedentemente notificato la cartella presso la sede della società fallita. Sostiene infatti che il carattere impugnatorio del giudizio di opposizione allo stato passivo, volto ad accertare la correttezza dell’operato del giudice delegato, esclude la possibilità di tener conto di circostanze verificatesi successivamente all’udienza di verificazione dei crediti, la quale svolge una funzione analoga a quella assolta nel giudizio ordinario dall’udienza di precisazione delle conclusioni, precludendo l’introduzione di fatti nuovi, i quali possono essere fatti valere soltanto mediante una nuova istanza di insinuazione al passivo.

1.1. – Il motivo è inammissibile, presupponendo un accertamento di fatto in ordine all’avvenuta notificazione della cartella esattoriale in data successiva all’udienza di verificazione dei crediti, che non emerge in alcun modo dal decreto impugnato, essendosi il Tribunale occupato della sola problematica inerente alla validità della notificazione eseguita in copia fotostatica, anzichè in originale, e non essendo stato precisato in quale fase ed in quale atto del giudizio di merito la predetta questione sia stata sollevata. I motivi del ricorso per cassazione devono infatti investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di merito, non potendo essere sollevati per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non affrontati nelle precedenti fasi, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. La parte che intenda proporre una questione non esaminata nella sentenza impugnata ha pertanto l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della stessa dinanzi al giudice del merito, ma anche d’indicare in quale atto l’abbia sollevata, onde dar modo a questa Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne la fondatezza (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1, 18 ottobre 2013, n. 23675; 1 marzo 2007, n. 4843;

Cass., Sez. 6, 9 luglio 2013, n. 17041; Cass., Sez. 2, 29 maggio 2007, n. 12506).

2. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, degli artt. 125 e 137 cod. proc. civ. e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, affermando che, nel ritenere legittima la notificazione della cartella esattoriale in copia fotostatica priva di sottoscrizione, il Tribunale non ha considerato che, ai sensi delle citate disposizioni, la cartella dev’essere necessariamente notificata in originale o in copia conforme, recante l’indicazione del nominativo del responsabile del procedimento e la sua sottoscrizione, indipendentemente dall’utilizzazione del modello approvato con decreto ministeriale.

2.1. – Il motivo è infondato.

In tema di riscossione dei crediti tributari a mezzo del ruolo, questa Corte ha infatti affermato ripetutamente che, in caso di fallimento del debitore, il credito può essere fatto valere dalla società concessionaria attraverso l’iter procedurale prescritto dagli artt. 92 e ss. della legge fall, per gli altri crediti concorsuali, senza che occorra la previa notificazione della cartella esattoriale al curatore fallimentare, in quanto l’ammissione al passivo può aver luogo sulla base del semplice ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 87, comma 2, (nel testo introdotto dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46), ferma restando, in presenza di contestazioni, la necessità dell’ammissione con riserva, ai sensi dell’art. 88 del D.P.R. n. 602 cit, da sciogliersi soltanto a seguito della definizione dell’impugnazione proponibile dinanzi al giudice tributario (cfr. Cass., Sez. T, 17 marzo 2014, n. 6126; Cass., Sez, lav., 14 marzo 2013, n. 6520; Cass., Sez. 6, 31 maggio 2011, n. 12019). L’esclusione della necessità di procedere preventivamente alla notifica della cartella esattoriale comporta che i vizi formali dai quali la stessa sia eventualmente affetta non possono incidere in alcun modo sull’ammissione al passivo del credito tributario: è pertanto irrilevante, a tal fine, la circostanza che, nonostante il venir meno della legittimazione sostanziale e processuale del debitore, conseguente alla dichiarazione di fallimento, la cartella sia stata notificata allo stesso, anzichè al curatore, il cui difetto di conoscenza della pretesa azionata può venire in considerazione esclusivamente ai fini della tempestività del ricorso al giudice tributario. Per la stessa ragione, l’ammissione al passivo non può ritenersi preclusa dalla nullità della cartella per difetto del requisito prescritto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2 o dall’avvenuta notificazione dell’atto in copia non autentica, la cui conformità all’originale non potrebbe d’altronde essere contestata in virtù della mancata sottoscrizione da parte dell’esattore, trattandosi di un requisito non prescritto ai fini della validità della cartella, per la quale è sufficiente la corrispondenza al modello approvato dal Ministero delle finanze, la cui intestazione ne assicura anche la riferibilità all’organo che lo ha emesso (cfr.

Cass., Sez. 5, 27 luglio 2012, n. 13461; 27 febbraio 2009, n. 4757; 5 giugno 2008, n. 14894).

3. – Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., osservando che, nel condannarlo al pagamento delle spese processuali, il Tribunale ha proceduto ad una liquidazione globale ed omnicomprensiva, distinguendo solo tra diritti ed onorari ed omettendo di specificare le singole voci dovute, con la conseguente impossibilità d’individuare i parametri utilizzati e di controllarne la corrispondenza ai criteri tariffari.

3.1. – Il motivo è inammissibile.

Premesso che la somma complessivamente liquidata a titolo di rimborso delle spese processuali è comprensiva soltanto degl’importi dovuti per onorari e diritti, ai quali vanno aggiunte le spese generali da calcolarsi nella misura percentuale forfettariamente prevista dalla legge, si osserva che il ricorrente, il quale non ha interesse a far valere il mancato riconoscimento degli esborsi sopportati dalla parte vittoriosa, non ha corredato le proprie censure con l’indicazione delle attività effettivamente svolte dalla difesa di quest’ultima e delle corrispondenti voci della tariffa professionale, indispensabile ai fini della verifica in ordine alla lamentata violazione dei criteri di liquidazione inderogabilmente stabiliti dalla legge.

Qualora infatti, come nella specie, la parte vittoriosa non abbia provveduto al deposito della nota specifica, il giudice non è tenuto ad indicare dettagliatamente le voci della tariffa prese in considerazione ai fini della liquidazione delle spese, dei diritti e degli onorari, presumendosi che le somme ufficiosamente attribuite a ciascun titolo corrispondano alle prestazioni concretamente rese dal difensore, quali risultano dagli atti di causa, con la conseguenza che incombe alla parte che ne lamenti l’erronea quantificazione dimostrare, attraverso l’individuazione delle singole attività ed il calcolo dei corrispondenti importi, che le somme riconosciute dal provvedimento impugnato non sono conformi a quelle risultanti dalla corretta applicazione della tariffa professionale (cfr. Cass.. Sez. 6, 27 marzo 2013. n. 7654; 28 febbraio 2012. n. 3023; Cass., Sez. lav., 3 ottobre 2005, n. 19269).

4. – Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna il fallimento della Union Paper S.p.a. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 25.200,00, ivi compresi Euro 25.000.00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 9 dicembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2015

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