compensazione-spese-processualiLa sussistenza delle gravi ed eccezionali ragioni per la compensazione delle spese del giudizio va valutata ex ante e, dunque, con riferimento alla situazione giurisprudenziale esistente all’epoca di proposizione della domanda. (Fattispecie avente ad oggetto la ritenuta corretta compensazione delle spese disposta nel giudizio avente ad oggetto la rigettata opposizione del fermo amministrativo ex art. 615 c.p.c., motivata sulla circostanza che la questione della opponibilità del fermo amministrativo era ancora dibattuta in giurisprudenza e costituiva, per questo, giusto motivo per derogare al principio della soccombenza).

Cass. civ. Sez. VI – 2 Ordinanza, 10/02/2014, n. 2883  

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17347/2011 proposto da:

G.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE VATICANO 48, presso lo studio dell’avvocato MARIELLA STEFANO, rappresentato e difeso dagli avvocati ARONICA FABRIZIO, MICHELETTA TITA’ DANIELE giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA di ALESSANDRIA, EQUITALIA NOMOS SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 252/2011 del TRIBUNALE di ALESSANDRIA del 9/05/2011, depositata il 10/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE DASCOLA.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Il 17 settembre 2009 G.L. riceveva da Equitalia Nomos spa preavviso di fermo amministrativo di un proprio veicolo Fiat, in relazione all’omesso pagamento di sanzioni amministrative, per infrazione al codice della strada risalenti al 1997.

Il 15/17 ottobre il ricorrente proponeva “ricorso L. n. 689 del 1981, ex art. 22”, esponendo che la relativa cartella esattoriale gli era stata notificata il 3 luglio 2002, senza alcun successivo valido atto interruttivo; chiedeva che il giudice di pace di Alessandria accertasse l’intervenuta prescrizione, ai sensi dell’art. 28, L. cit., del diritto della Prefettura locale di riscuotere le somme dovute.

Gli intimati resistevano, eccependo che la cartella esattoriale era divenuta definitiva e che il provvedimento notificato non era soggetto a opposizione.

1.1) Con sentenza 19 febbraio 2010 il giudice adito qualificava l’opposizione proposta quale opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., e accoglieva la domanda, dichiarando l’estinzione del credito e la nullità di ogni atto di riscossione relativo alla cartella esattoriale notificata.

Compensava le spese di lite perchè la questione dell’opponibilità del fermo amministrativo era “ancora dibattuta in giurisprudenza, costituendo “giusto motivo per derogare al principio della soccombenza”.

G. proponeva appello sul capo relativo alle spese di giudizio.

Il tribunale di Alessandria con sentenza 10 maggio 2011 rigettava l’appello.

Osservava che alla specie era applicabile l’art. 92 c.p.c., nel testo riformato dalla L. n. 69 del 2009; che gravi ed eccezionali ragioni per la compensazione erano sussistenti, perchè sussistevano dubbi, in dottrina e giurisprudenza, circa l’autonoma impugnabilità ex art. 23 del fermo amministrativo.

G. ha proposto ricorso per cassazione.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Gli atti sono esaminabili, in quanto almeno uno dei due difensori del ricorrente alla data di deposito del ricorso risultava abilitato ex art. 365 c.p.c..

La relazione preliminare viene di seguito riportata.

2) Il ricorso sostiene che i giudici di appello, “ammesso e non concesso” che l’esistenza di orientamenti di giurisprudenza contrastanti potesse costituire ragione di compensazione, non hanno colto che il procedimento era volto all’accertamento negativo di un credito; che quindi i motivi della compensazione erano erronei e che comunque non sussistevano i gravi ed eccezionali motivi.

Il ricorso è manifestamente infondato.

La sussistenza delle gravi ed eccezionali ragioni per la compensazione va valutata ex ante, cioè con riferimento alla situazione giurisprudenziale esistente all’epoca in cui venne proposto il ricorso e con riferimento alla quale il giudice di pace, la cui decisione venne impugnata in appello, ha stabilito la compensazione delle spese.

Il ricorso risale all’ottobre 2009.

A quel tempo il preavviso di fermo amministrativo era considerato atto non autonomamente impugnabile (cfr Cass.20301/08 e 8890/09).

Fu Cass. SU 10672 dell’11 maggio 2009, relativa però alla giurisdizione tributaria, a schiudere la possibilità di un’autonoma impugnazione di tale atto, ditalchè la questione era ancora discussa all’epoca della proposizione del ricorso, non essendo ancora nè chiara nè diffusa la portata della pronuncia, tanto che lo stesso odierno ricorso (pag. 4) contesta la esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti invocando la successiva Cass. SU 11087/10.

Ciò posto in via preliminare, la stessa ricostruzione dei fatti prima riportata smentisce l’assunto del ricorrente.

Non è vero infatti che questi propose espressamente un’azione di accertamento negativo, giacchè sia l’intestazione del ricorso iniziale, sia il testo dell’atto di appello (si veda pag. 3) esibiscono chiaramente che egli sosteneva che “il procedimento per cui è causa” era da iscrivere tra i “giudizi di opposizione a sanzioni amministrative”.

E’ vero piuttosto che, a quell’epoca, nei casi in cui la parte intendeva insorgere avverso il preavviso di fermo amministrativo per far valere un motivo sopravvenuto di caducazione del titolo (nella specie la prescrizione) avrebbe dovuto perseguire esclusivamente la via dell’opposizione all’esecuzione, come insegnavano le Sezioni Unite (Cass. 2053/06, ma già Cass. 14472/02) e come, anche in materia di sanzioni amministrative, era patrimonio conoscitivo comune con riferimento a ogni pretesa assimilabile (Cass. 9180/06). Si insegnava in sede di legittimità (Cass. 4891/06) che a seguito della notificazione di una cartella esattoriale (atto cui veniva assimilato il successivo preavviso di fermo amministrativo onde tentarne l’impugnazione ndr) dalla quale risulti l’iscrizione a ruolo di un importo a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, l’interessato, al fine di far valere fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo (prescrizione maturata dopo l’irrogazione della sanzione, pagamento, ecc.), non può proporre un’azione di accertamento negativo, ma ha la possibilità di proporre opposizione all’esecuzione, per la quale, prima dell’inizio dell’esecuzione, giudice competente deve ritenersi, in applicazione del criterio dettato dall’art. 615 c.p.c., comma 1, quello ritenuto idoneo dal legislatore a conoscere della sanzione, cioè quello stesso indicato dalla legge come competente per l’opposizione al provvedimento sanzionatorio, restando applicabile, bensì “in toto” il rito ordinario, con esclusione del procedimento a struttura semplificata previsto per tale opposizione, in particolare del termine di decadenza di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 22, anche quanto alle impugnazioni proponibili.

Si aggiungeva che avverso le pretese era ammessa l’opposizione c.d.

“recuperatoria” ai sensi della L. n. 689 del 1981, soltanto “ove la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogatale, in quanto sia mancata la notificazione dell’ordinanza-ingiunzione o del processo verbale di contestazione” (Cass. 5871/07). Pertanto nel 2009 il ricorrente avrebbe dovuto agire con opposizione all’esecuzione (v. ancora Cass. 24215/09) e non con ricorso L. n. 689, ex art. 22, di dubbia (al tempo) esperibilità anche in relazione all’atto opposto notificatogli, preavviso di fermo amministrativo.

Solo la generosa riqualificazione dell’opposizione (non impugnata dall’amministrazione) da parte del giudice di pace generò infatti l’accoglimento del ricorso.

E’ quindi ineccepibile la valutazione del tribunale (e prima di lui del giudice di pace) nel ritenere che vi fosse all’epoca dibattito giurisprudenziale intenso circa la ricorribilità di quel tipo di atti con lo strumento espressamente attivato dal ricorrente.

Ed è ineccepibile la configurazione di questa ragione quale motivo legittimante la compensazione delle spese di lite ex art. 92 novellato.

E’ sufficiente in proposito richiamare quanto questa Corte ha già stabilito nella sentenza n. 2572/2012.

3) Con la memoria ex art. 380 c.p.c.. parte ricorrente contesta infondatamente le osservazioni soprasvolte. Sono da distinguere in proposito tre rilievi.

3.1.) Il primo concerne la parte finale della memoria, nella quale il ricorrente asserisce che in altra causa analoga, decisa con sentenza n. 3724/13, la sezione si sarebbe orientata in senso “diametralmente opposto”.

Trattasi di affermazione vistosamente errata, perchè la sentenza 3724/13 accolse il ricorso sul presupposto che il giudice di appello non aveva considerato che “secondo l’ultima formulazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2,…. la compensazione parziale o totale delle spese, al di fuori dei casi di reciproca soccombenza (nella specie non risultante), avrebbe potuto essere disposta solo per gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”.

Per contro nel caso odierno il tribunale di Alessandria ha avuto ben presente, perchè espressamente interpellato, il nuovo testo dell’art. 92 e ha qualificato come grave ed eccezionale ragione la esistenza di diversi orientamenti giurisprudenziali in ordine alla questione relativa alla autonoma impugnabilità del fermo amministrativo.

Giova quindi qui riportare per esteso la massima della pertinente sentenza 2572/12, puntualmente richiamata dalla relazione, la quale indica la novità della questione giuridica (ed equivalente è il caso della sua oggettiva opinabilità o oscillante soluzione in giurisprudenza):

“L’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorchè concorrano gravi ed eccezionali ragioni, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche. In particolare, anche la novità delle questioni affrontate integra la suddetta nozione, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite è stata introdotta o è stata posta in essere l’attività che ha dato origine alle spese, sempre che si tratti di questioni sulle quali si sia determinata effettivamente la soccombenza, ossia di questioni decise”.

3.2) La relazione è contestata anche nella parte in cui ha ricostruito, con il richiamo a Cass. SU 10672/09, le incertezze circa la impugnabilità del fermo amministrativo.

Parte ricorrente rileva che la sentenza è del maggio e che il presente giudizio era stato instaurato in ottobre.

Ciò era evidenziato nella relazione, che faceva riferimento alla ancora dubbia portata (“nè chiara nè diffusa”) della sentenza e alla sua epoca recente. Ed infatti la memoria può esibirsi solo nella opinione che il principio affermato nel 2009 “ben poteva lasciare presumere che non potesse essere limitato alla successiva giurisprudenza alla sola materia tributaria”.

Lo stesso tenore di questa asserzione conferma sia che non vi era ancora stata soluzione alla questione relativa all’opposizione al fermo amministrativo in materia di sanzioni amministrative, sia che la semplice presumibilità di un futuro orientamento non esclude la opinabilità della tesi e quindi rende ammissibile – e non censurabile in sede di legittimità – il regolamento di compensazione delle spese.

3.3) Da disattendere sono anche le considerazioni svolte in ricorso e in memoria a proposito della riqualificazione dell’azione da parte del giudice dell’opposizione e la natura della domanda proposta davanti al giudice di pace.

Vi si dice (pag. 3 memoria, 4 del ricorso) che unica azione introdotta era quella di accertamento negativo – non diversa dall’opposizione all’esecuzione – e che la giurisprudenza di questa Corte reputa ammissibile la qualificazione del ricorso ex art. 22 quale opposizione all’esecuzione. Si invoca in proposito Cass. 10746/12, dovuta al medesimo estensore della relazione preliminare e di questa sentenza.

A quest’ultimo proposito mette subito conto rilevare che l’orientamento da ultimo citato è acquisizione, in via di consolidamento, più recente della sentenza del giudice di pace, la quale doveva invece misurarsi con i più rigorosi orientamenti che sono stati indicati nella relazione.

Va aggiunto che il precedente del 2012 indicava un percorso procedimentale (conversione del rito speciale in ordinario, previa riqualificazione della domanda in via preliminare) più articolato e rigoroso di quello che il giudice di pace ha ritenuto di consentire, ammettendo in sede di decisione la qualificazione della domanda (da opposizione al fermo amministrativo a opposizione all’esecuzione).

3.3.1) Bene ha fatto il giudice di secondo grado, ai fini della decisione sulle spese di primo grado a lui rimessa, a soffermarsi sulla dubbia ammissibilità dell’opposizione al fermo amministrativo, che è il vero nodo discusso.

Lungi infatti da quanto ora da essa sostenuto circa la natura della domanda proposta, gli atti rivelano che parte ricorrente nel ricorso iniziale ha inteso valersi della tutela impugnatoria ex art. 22 e 23 L. 689/81, che presuppone, come l’amministrazione prontamente ebbe a rilevare, un atto impugnabile (nella specie l’avvio della procedura di fermo amministrativo al quale il ricorso ex art. 22 del 15 ottobre 2009 si riferiva nel suo primo periodo).

Non basta: Nonostante la riqualificazione a lui favorevole che il giudice di pace aveva espresso in sentenza, l’opponente nell’atto di appello ha ribadito a chiare note che il procedimento promosso apparteneva “pacificamente” al novero dei “giudizi di opposizione a sanzione amministrativa” (così, e passim, la terza pagina dell’atto di appello).

In tal modo è rimasta ferma, non essendo stata censurata quale motivo fondante della impugnazione sulle spese, la individuazione della questione che il giudice di pace ha ravvisato essere alla base della domanda: la impugnabilità del fermo amministrativo disposto in materia di sanzioni amministrative, cioè dell’unico atto attaccabile ex art. 22 menzionato nel ricorso originario. Risultava quindi opportuna ogni considerazione svolta dal tribunale a questo proposito e del tutto corretta e non sindacabile in sede di legittimità la compensazione delle spese voluta dal primo giudice e ben motivata dal giudice di appello.

Il ricorso è rigettato.

Non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimata amministrazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile, il 23 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2014

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