La girata per l’incasso di un assegno non trasferibile ad un banchiere diverso dal trattario, identificata nella clausola «per conoscenza e garanzia», apposta dal proprio cliente dopo che il titolo è stato girato dal prenditore apparente, è illegittima, perché viola l’art. 43, primo comma, legge assegni, ed obbliga la banca negoziatrice, nella esecuzione del mandato conferito, alla osservanza dei doveri di diligenza e cautela in ordine alla verifica della correttezza e regolarità della emissione e circolazione del titolo pervenutole, la cui violazione determina responsabilità risarcitoria, congiuntamente a quella della banca trattaria, la cui comparazione ha rilievo in sede di graduazione delle incidenze causali di ciascuna nella produzione dell’evento. ( Cassazione civile sez. I, 18/07/2024, n.19815 )

[omissis]
RILEVATO CHE:

1. Ac.An. proponeva ricorso per decreto ingiuntivo, esponendo di aver tratto su Banca Toscana Spa, in data 3/10/2002, due assegni bancari, muniti di clausola di non trasferibilità ed emessi all’ordine “mio proprio” per Euro 75.000,00 ciascuno e di essersi rivolto a tale Lu.Gi. affinché costui li depositasse sul conto corrente del medesimo Ac.An., acceso presso la banca Cariplo di Milano (poi Unicredit s.p.a).

Tuttavia, il Lu.Gi. aveva incassato direttamente gli assegni, negoziandoli presso la Unicredit, filiale di Livorno, con l’aggiunta della dicitura “per conoscenza e garanzia”.

Pertanto, sul presupposto della responsabilità di entrambe le banche, per violazione dell’art. 43 del r.d. n. 1736 del 1933, l’Ac.An.

aveva chiesto ed ottenuto l’emissione del decreto ingiuntivo con il quale era stato intimato sia alla Banca Toscana sia all’Unicredit il pagamento, in solido, della somma di Euro 150.000,00.

2. Proponevano opposizione separata entrambe le banche, con successiva riunione dei giudizi.

3. In particolare la Banca Toscana, nel proporre l’opposizione, sosteneva che la responsabilità per il danno patito dall’Ac.An. era da ascrivere esclusivamente all’Unicredit, nei confronti della quale avanzava domanda di manleva “in quanto negoziatrice dell’assegno”. La Banca Toscana, quale banca trattaria, si era limitata a “lavorare l’assegno in camera di compensazione, fidandosi delle verifiche fatte dalla banca negoziatrice in ordine alla corretta identificazione del legittimato all’incasso”.

4. L’Unicredit, in sede di opposizione, eccepiva la prescrizione del diritto dell’Ac.An. e, nel merito, deduceva di avere effettuato il pagamento nella convinzione che il Lu.Gi. fosse legittimato alla riscossione del titolo. Eccepiva anche il concorso colposo dell’Ac.An. nella causazione dell’evento.

5. Il Tribunale, per quel che ancora qui rileva, dopo aver rigettato l’eccezione di prescrizione, trovando applicazione il termine decennale di prescrizione ordinaria, rilevava che gli assegni, muniti di clausola di non trasferibilità, erano stati invece “fatti incassare da un soggetto diverso da quello all’ordine del quale erano stati emessi”.

Non assumeva rilevanza la clausola “per conoscenza e garanzia” apposta sugli assegni al momento della riscossione, sussistendo la responsabilità della banca negoziatrice Unicredit.

Escludeva il concorso dell’Ac.An. nella causazione del danno, per aver consegnato ad un terzo (Lu.Gi.) un assegno non trasferibile a sé intestato: infatti, la clausola di non trasferibilità avrebbe consentito al Lu.Gi. di depositare l’assegno esclusivamente su conti correnti intestati al medesimo Ac.An..

Non assumeva rilevanza il ritardo con cui l’Ac.An. aveva denunciato il fatto alla banca, in quanto il Lu.Gi. “aveva predisposto documentazione falsa per far credere all’Ac.An. l’avvenuto accredito delle somme sul conto corrente intestato al medesimo Ac.An.”.

Con riferimento alla posizione della Banca Toscana, quale trattaria, la stessa era sicuramente tenuta “quando i titoli vennero ad essa rimessi in stanza di compensazione, a rilevare l’incasso eseguito da soggetto non legittimato”; sicché ne derivava la responsabilità solidale con Unicredit, quest’ultima quale banca negoziatrice.

6. Proponeva appello principale la Banca Monte dei Paschi di Siena Spa

6.1. Con il primo motivo di gravame l’MPS impugnava la sentenza di prime cure nella parte in cui aveva riconosciuto sussistente la responsabilità della banca trattaria (MPS). Il Tribunale erroneamente aveva ritenuto configurabile tale responsabilità “per aver presentato l’assegno in stanza di compensazione ancorché pagato a giratario”, senza aver dato atto – come avrebbe invece dovuto – che l’incasso era avvenuto da parte di soggetto non legittimato.

In realtà, però, non v’era alcun giratario “salvo che si dovesse ritenere tale lo stesso Ac.An.”.

In realtà, per l’MPS non v’era stata alcuna violazione dell’art. 43 del r.d. n. 1736 del 1933, in quanto gli assegni erano stati “esattamente pagat(i)… in quanto il sig. Ac.An. li aveva emessi “non trasferibili” ma “all’ordine mio proprio” e con “propria firma di girata””.

Dunque, per l’MPS era del tutto plausibile che i denari fossero stati incamerati proprio dall’Ac.An. “rispetto al quale aveva assunto una mera funzione di “fidefacente” il soggetto che aveva posto la clausola “per conoscenze garanzia””.

L’apposizione della clausola “per conoscenza e garanzia” e la sua sottoscrizione longitudinalmente ai titoli stessi, e non con effetto ed in posizione di girata, avevano ulteriormente rassicurato la Banca Toscana Spa. Si trattava della garanzia da parte di un “fidefaciente” qualora “la banca negoziatrice non conosca il nominativo del portatore del titolo”.

6.2. Con il secondo motivo d’appello principale si eccepiva il concorso di colpa dell’Ac.An. ai sensi dell’art. 1227 c.c., giacché questi, intendendo trasferire fondi da un suo conto ad un altro, avrebbe potuto eseguire un bonifico mediante giroconto.

6.2. Con il terzo motivo di gravame principale la banca impugnava la sentenza di prime cure nella parte in cui aveva riconosciuto la responsabilità solidale paritaria unitamente alla Unicredit.

7.Proponeva appello incidentale la Unicredit, sulla base di tre motivi.

7.1. Reiterava l’eccezione di prescrizione, trattandosi di responsabilità extracontrattuale (primo motivo di appello incidentale).

7.2. Con il secondo motivo di appello incidentale deduceva che l’Ac.An., nel consegnare volontariamente gli assegni al Lu.Gi., aveva rinunciato ad avvalersi della clausola di non trasferibilità, come dimostrato anche dal fatto che l’appellato aveva atteso due anni prima di richiedere la restituzione della somma.

7.3. Vi era stato concorso di colpa dell’Ac.An., per aver ingenerato in Unicredit il legittimo convincimento che il Lu.Gi. agisse come suo rappresentante (terzo motivo di appello incidentale).

8. La Corte d’Appello rigettava il primo motivo di appello incidentale, in ordine alla prescrizione.

8.1. Trattava congiuntamente il secondo ed il terzo motivo di appello incidentale unitamente al secondo motivo dell’appello principale.

Sia MPS che Unicredit miravano a far valere, ai sensi dell’art. 1227 c.c., una responsabilità colposa dell’Ac.An., oppure esclusiva, nella causazione del danno.

Ciò desumevano dal momento che l’Ac.An.: 1) consegnando volontariamente gli assegni al Lu.Gi., avrebbe per fatti concludenti rinunciato alla clausola di non trasferibilità; 2) si sarebbe completamente disinteressato della sorte degli assegni da lui emessi; 3) se si fosse limitato ad eseguire un semplice bonifico non si sarebbe verificato alcun danno; 4) la condotta dell’Ac.An. aveva ingenerato nella banca negoziatrice (Unicredit) il convincimento che il Lu.Gi. agisse quale suo rappresentante.

Tali argomenti venivano tutti superati. Era onere probatorio del danneggiante (nella specie le due banche) dimostrare che il danno si era prodotto anche per il comportamento del danneggiato.

Tuttavia, la volontaria consegna dei titoli al Lu.Gi. non poteva essere interpretata come manifestazione della volontà di questi di rinunciare ad avvalersi della clausola di non trasferibilità.

Tali assegni, in virtù della clausola di non trasferibilità, non potevano che essere pagati all’Ac.An., che li aveva emessi a suo ordine e sottoscritti per traenza e per girata, oppure versati sul conto corrente di titolarità dell’Ac.An..

La consegna materiale degli stessi al Lu.Gi. non poteva valere, di per sé, come rinuncia ad avvalersi della clausola di non trasferibilità.

Tra l’altro, l’apposizione della clausola “per conoscenza e garanzia” non era stata accompagnata dalla cancellazione di quella di non trasferibilità, e serviva solo “ad accreditare l’Ac.An. presso la banca negoziatrice, dove evidentemente non era personalmente conosciuto, al fine di consentire il versamento degli assegni su un conto corrente di sua titolarità”.

L’emissione di assegni all’ordine “mio proprio” doveva ritenersi sicuramente legittima, non essendo necessario procedere all’esecuzione di un bonifico.

Inoltre, la sottoscrizione da parte del Lu.Gi. della clausola “per conoscenza e garanzia”, apposta sugli assegni, “consentiva di ritenere che egli rivestisse solo la qualità di fidefaciente… con conseguente esclusione di ogni altra veste”.

Con la sottoscrizione di tale clausola il Lu.Gi. veniva ad assumere “verso il banchiere giratario per l’incasso, unicamente un’obbligazione di garanzia in merito all’identità del beneficiario dell’assegno, con conseguente esclusione di ogni potere rappresentativo”.

Il giudice d’appello evidenziava anche, in ordine al presunto ritardo con il quale l’Ac.An. avrebbe denunciato il fatto alle banche, che nessuna delle due parti aveva contestato la sentenza di prime cure, ove si era ritenuto che tale comportamento era giustificabile dal momento che risultava “documentalmente che il Lu.Gi. ebbe a predisporre documentazione falsa che lasciava supporre dell’avvenuto accredito delle somme su un conto intestato all’Ac.An.”.

8.2. Quanto al primo motivo di appello principale, la Corte d’Appello lo riteneva infondato.

Non poteva essere condivisa la tesi di MPS, per la totale assenza di responsabilità della banca trattaria, in quanto gli assegni sarebbero stati assolutamente regolari sotto il profilo formale, mentre la circostanza che fosse stata apposta la clausola “per conoscenze garanzia” valeva a rafforzare nella banca il convincimento della regolarità dell’intera operazione, tenuto conto della funzione di fidefaciente del sottoscrittore.

In realtà, trovava applicazione la giurisprudenza di legittimità per cui la clausola di intrasferibilità degli assegni trasformava il titolo di credito in titolo a legittimazione invariabile; tuttavia, non era legittimo l’inserimento nella circolazione dell’assegno del sottoscrittore di esso “per garanzia e conoscenza”, in quanto “in tal caso la clausola verrebbe utilizzata con funzione di girata piena in favore del sottoscrittore, in violazione del disposto” dell’art. 43 del r.d. n. 1736 del 1933, “e ciò determinerebbe una responsabilità a carico della banca” (si cita Cass., Sentenza del 17/2/2010, n. 3785).

Pertanto, l’intervenuto pagamento degli assegni al Lu.Gi., quale sottoscrittore della clausola “per garanzia e conoscenza” era da ritenere sicuramente illegittimo, fondando la responsabilità di Unicredit, quale banca negoziatrice dei titoli.

L’apposizione di firma per conoscenza e garanzia, per essere considerata legittima, doveva valere a configurare non una girata, ma “un negozio extra cambiario il cui effetto, fra le sole parti, è la nascita di un’obbligazione di garanzia, verso il banchiere giratario per l’incasso, di chi sottoscrive tale clausola in merito all’identità del beneficiario dell’assegno che ha posto la girata per l’incasso in favore dello stesso banchiere”.

8.3. Con riferimento poi, alla responsabilità di MPS, quale banca trattaria, “la girata per l’incasso di un assegno non trasferibile ad un banchiere diverso dal trattario, identificata nella clausola per conoscenza e garanzia, apposta dal proprio cliente dopo che il titolo è stato girato dal prenditore apparente, è illegittima… determina(ndo) responsabilità risarcitoria, congiuntamente a quella della banca trattaria” (si cita Cass., sentenza del 6/6/2003, n. 9103).

Nel caso di specie, dunque, l’apposizione della clausola “per conoscenza e garanzia” avrebbe dovuto rappresentare per la banca trattaria “motivo di allarme, potendo la stessa ragionevolmente prefigurarsi, proprio in considerazione dell’ambigua funzione di tale clausola, che il pagamento fosse stato eseguito a persona diversa dal legittimo beneficiario”.

Tanto più, tenendo conto dell’importo cospicuo dei due titoli negoziati, pari ad Euro 75.000,00 ciascuno.

8.4. Con riferimento al terzo motivo di appello principale, anch’esso era reputato infondato.

Sussisteva il concorrente comportamento negligente della banca trattaria, consistente nell’omesso controllo, in stanza di compensazione, della regolarità del titolo.

Ciò, nonostante l’evidente anomalia del titolo, in quanto recante una clausola, quella “per conoscenza e garanzia”, non prevista dalla legge assegni e, comunque, “connotata da una marcata ambiguità in ordine alla sua funzione”.

Sussisteva dunque responsabilità paritaria di MPS (trattaria) rispetto a quella di Unicredit, quale banca negoziatrice del titolo.

9. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la banca Monte dei Paschi di Siena.

10. Ha resistito con controricorso la Unicredit Spa, depositando anche memoria scritta.

11. È rimasto intimato Ac.An., nonostante la rituale notifica.

Diritto

CONSIDERATO CHE:1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la “violazione e/o erronea interpretazione e applicazione dell’art. 43 r.d. n. 1736/1933 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente la responsabilità della banca Monte dei Paschi di Siena Spa”.

Per la ricorrente, in realtà, la sua condotta era stata improntata a diligenza; né la clausola “per conoscenza e garanzia” apposta sugli assegni dal Lu.Gi. longitudinalmente avrebbe potuto essere considerata dalla banca quale indice di “allarme” della regolarità dell’operazione.

In realtà, tale clausola “non avrebbe dovuto considerarsi quale “girata””. Ove pure fosse stata considerata come “girata”, “non avrebbe dovuto considerarsi come apposta”.

Le sentenze citate dalla pronuncia della Corte d’Appello non si attagliavano al caso di specie, in quanto la sentenza n. 22336 del 2011 riguardava una fattispecie di negoziazione di un assegno ove un soggetto aveva assunto l’identità di un altro. Il titolo, quindi, risultava emesso da un soggetto che aveva dichiarato generalità false, apponendo sull’assegno una firma accertata come apocrifa.

Nel caso di specie, invece, ci si trova dinanzi “ad un’ipotesi in cui l’emittente dell’assegno non trasferibile e la persona del beneficiario coincidono (si tratta sempre di Ac.An., correntista sia di Banca Toscana Spa che di Unicredit)”.

Per tale ragione, gli accertamenti eseguiti dalla banca trattaria (Banca Toscana) in stanza di compensazione non avrebbero potuto essere considerati negligenti.

La presenza della clausola “per conoscenza e garanzia” non può rappresentare una situazione di allarme per la banca, in quanto, quando il titolo viene rimesso in stanza di compensazione la banca trattaria “è tenuta a rilevarne l’eventuale alterazione o falsificazione, ove ciò sia verificabile con la diligenza media”.

Nel caso che ci riguarda, dunque, poiché gli assegni non sono stati contraffatti e/o alterati non vi sarebbe stato motivo per la banca “di impedire il pagamento di assegni emessi dal correntista Ac.An. “all’ordine proprio”, muniti della “clausola di non trasferibilità” con “girata” a proprio favore, in quanto essi avrebbero potuto essere pagati soltanto al sig. Ac.An.”.

Non vi sarebbe stata, dunque, alcuna violazione dei canoni di diligenza da parte della MPS.

Costituisce, peraltro, principio giurisprudenziale di legittimità consolidato quello per cui la clausola “per conoscenza e garanzia” non può essere considerata quale “girata”, ma costituisce un mero negozio extracambiario il cui effetto, fra le sole parti, è la nascita di un’obbligazione di garanzia di chi sottoscrive tale clausola, verso il banchiere giratario per l’incasso, in merito all’identità del beneficiario e di disporre il pagamento unicamente nei suoi confronti.

Se la banca negoziatrice, invece, paga a persona diversa (anche a chi ha sottoscritto la clausola “per conoscenza e garanzia”) “è essa che risponde per inosservanza dell’art. 43 R.D. n. 1736/1933”.

Sussisterebbe, dunque, ad avviso della ricorrente, l’esclusiva responsabilità della banca negoziatrice, in quanto la responsabilità cui si espone il banchiere con il pagamento dell’assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore non è in alcun modo scriminata dalla apposizione sul titolo, ad opera di chi li incassa, della clausola “per conoscenza e garanzia”.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. La corte distrettuale ha accertato che Ac.An. intendeva trasferire parte delle somme detenute sul proprio conto corrente acceso presso la Banca Toscana su altro conto corrente acceso presso la Unicredit. A tal fine, emetteva due assegni bancari, per l’importo di Euro 75.000,00 ciascuno, per un totale di Euro 150.000,00, muniti della clausola di non trasferibilità e li consegnava per l’adempimento a Lu.Gi.. Pertanto, su tali assegni era apposta la firma di traenza e l’ordine al pagamento in favore del solo Ac.An.. Naturalmente la firma di traenza corrispondeva allo specimen. Lu.Gi., ricevuti gli assegni, si recava presso la Unicredit ove faceva apporre sugli stessi, in senso longitudinale, la clausola “per conoscenza e garanzia”.

L’Unicredit, prima di pagare gli assegni, li inviava presso la stanza di compensazione, per consentire anche alla banca trattaria (Banca Toscana, poi MPS) di effettuare i dovuti controlli.

Successivamente, la stessa Unicredit provvedeva al pagamento degli assegni in favore di Lu.Gi., che aveva sottoscritto la clausola “per conoscenza e garanzia”.

2.2. La condotta della MPS, quale banca trattaria, che aveva emesso gli assegni bancari muniti di clausola di non trasferibilità, è stata ritenuta non conforme alla diligenza dovuta, sia dal giudice di prime cure che dalla Corte d’Appello, sulla base del ragionamento che segue.

2.3. La Corte d’Appello ha valorizzato la giurisprudenza di legittimità per cui la clausola di intrasferibilità degli assegni, disciplinata dall’art. 43 del r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, trasforma il titolo di credito in titolo a legittimazione invariabile, con preclusione alla circolazione sia sul piano cartolare che con riguardo alla cessione ordinaria, con l’unica eccezione costituita dalla possibilità, da parte del prenditore, di effettuare la girata ad un banchiere per il solo incasso. Non è dunque legittimo l’inserimento nella circolazione dell’assegno della clausola “per conoscenza e garanzia”, in quanto in tal caso la clausola viene utilizzata con funzione di girata piena in favore del sottoscrittore, in violazione del disposto del predetto art. 43 (Cass., sez. 2, 17/2/2010, n. 3785; v. pure Cass. n. 7633 del 16/5/2003).

In altri termini, la Corte d’Appello ha ritenuto, in conformità con la giurisprudenza di questa Corte, che la clausola “per conoscenza e garanzia” fosse stata nella specie utilizzata per finalità estranee alla sfera del suo legittimo impiego. Difatti, come ha anche chiarito la dottrina, la sottoscrizione “per conoscenza e garanzia” nasce, originariamente, dall’esigenza di identificazione del presentatore del titolo mediante la dichiarazione di un terzo fidefacente, che è normalmente persona nota al banchiere: il tutto in vista dell’osservanza dell’art. 43 della legge assegno, il quale stabilisce la responsabilità del banchiere trattario per il pagamento “a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso”. È viceversa priva di supporto normativo la prassi dell’impiego di detta clausola non al fine di effettuare il pagamento al prenditore in tal modo identificato, ma direttamente a mani di colui che effettua la dichiarazione di “conoscenza e garanzia”, e cioè di colui che riceve il pagamento “come se” fosse egli stesso il prenditore. In tal caso la firma “per conoscenza e garanzia” opera in funzione di girata, oltre che di garanzia, aspetto, quest’ultimo, che qui non interessa approfondire: girata che, tuttavia, è inibita dall’art. 43 citato, secondo il quale il prenditore non può girare l’assegno se non ad un banchiere per l’incasso, il quale non può ulteriormente girarlo, e le girate apposte nonostante il divieto si hanno per non scritte. Né può condividersi l’opinione secondo cui la firma del prenditore varrebbe come procura per l’incasso all’attuale portatore, e cioè sarebbe espressione di un mandato extracartolare, dal momento che l’art. 43 vieta non solo cessione e girata del titolo se non “ad un banchiere per l’incasso, il quale non può ulteriormente girarlo”, ma anche il pagamento “se non al prenditore” (Cass. 9 aprile 1984, n. 2267).

Riassumendo, nell’ipotesi normale il pagamento viene chiesto ed ottenuto dalla persona cartolarmente legittimata, ed il terzo si limita a rendere possibile il riconoscimento di costui, trattandosi, dunque, di una semplice certificazione dell’identità personale del portatore, che non è fonte di un’obbligazione cartolare né costituisce una girata; nell’ipotesi “anomala”, invece, l’apparente identificatore è in realtà colui che riceve la prestazione e la clausola viene così utilizzata con funzione di girata piena in favore del sottoscrittore, contraddicendo la prescrizione dettata dall’articolo 43 del r.d. n. 1736 del 1933.

Di qui, la Corte territoriale ha fatto derivare la sicura responsabilità della Unicredit, i cui funzionari e dipendenti hanno consentito l’apposizione della clausola “per conoscenza e garanzia”, nonostante l’illegittimità della stessa.

Con estrema chiarezza il giudice d’appello ha evidenziato che tale clausola, pur potendo svolgere la funzione, nella prassi, di corroborare la fiducia della banca negoziatrice in ordine al soggetto destinatario del pagamento, attraverso la “garanzia” del soggetto sottoscrittore della clausola, tuttavia la stessa si presentava illegittima ove intesa ad avere la funzione di “girata” per l’incasso in favore del soggetto che aveva sottoscritto tale clausola (“l’apposizione di firma per conoscenza e garanzia, per essere considerata legittima, deve valere a configurare non una girata in senso stretto bensì un negozio extra cambiario il cui effetto, fra le sole parti, è la nascita di un’obbligazione di garanzia, verso il banchiere giratario per l’incasso, di chi sottoscrive tale clausola in merito all’identità del beneficiario dell’assegno che ha posto la girata per l’incasso in favore dello stesso banchiere, senza esimere però quest’ultimo dall’obbligo di accertare l’identità del beneficiario e di disporre il pagamento unicamente nei suoi confronti”).

2.4. La Corte territoriale è passata, poi, all’esame della posizione della banca trattaria, ossia dell’MPS, odierna ricorrente, giungendo, con adeguata motivazione, a ritenere che l’apposizione della clausola “per conoscenza e garanzia” doveva destare l’allarme, anche della banca trattaria, proprio per la duplice funzione che poteva svolgere tale clausola nella prassi contrattuale, pur essendo detta clausola, nell’uso fattone, senz’altro illegittima.

Il rimando alla pronuncia di questa Corte n. 9103 del 6/6/2003 che estende la responsabilità contrattuale “sia alla banca negoziatrice sia alla banca trattaria”, costituisce dunque pertinente richiamo.

Il principio di diritto che si ricava dalla pronuncia sopra richiamata è quello per cui la girata per l’incasso di un assegno non trasferibile ad un banchiere diverso dal trattario, identificata nella clausola “per conoscenza e garanzia”, apposta dal proprio cliente dopo che il titolo è stato girato dal prenditore apparente, è illegittima, perché viola l’art. 43, primo comma, legge assegni, ed obbliga la banca negoziatrice, nella esecuzione del mandato conferito, alla osservanza dei doveri di diligenza e cautela in ordine alla verifica della correttezza e regolarità della emissione e circolazione del titolo pervenutole, la cui violazione determina responsabilità risarcitoria, congiuntamente a quella della banca trattaria, la cui comparazione ha rilievo in sede di graduazione delle incidenze causali di ciascuna nella produzione dell’evento (Cass., sez. 1, 6/6/2003, n. 9103).

L’apposizione della clausola “per conoscenza e garanzia” risulta dunque foriera di anomalie nella circolazione del titolo, sicché trova conforto la motivazione della Corte territoriale per cui tale clausola “lungi dal rappresentare un elemento tranquillizzante per la banca trattaria, si presentava come motivo di allarme, potendo la stessa ragionevolmente prefigurarsi proprio in considerazione dell’ambigua funzione di tale clausola, che il pagamento fosse stato eseguito a persona diversa dal legittimo beneficiario”.

Del resto, anche la sentenza di questa Corte citata dalla MPS nel gravame (Cass., 24/10/2008, n. 25725), fa emergere la difficile interpretazione del apposizione della clausola in questione (“questa Corte, inoltre, ha ribadito che la responsabilità del banchiere nel pagamento dell’assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore non è in alcun modo scriminata dalla apposizione sul titolo, ad opera di chi incassa, della clausola “per conoscenza garanzia” tenuto conto che il regime di intrasferibilità degli assegni, nei termini previsti dall’art. 43, trasforma il titolo di credito in titolo a legittimazione invariabile, con preclusione della circolazione sia sul piano cartolare che con riferimento alla cessione ordinaria, con la conseguenza che, ai fini della regolarità dell’incasso e della responsabilità della banca la clausola deve aversi per non apposta”).

La Corte territoriale ha inoltre rafforzato la motivazione valorizzando “il non trascurabile importo dei due titoli negoziati (ciascuna emesso per Euro 75.000,00)”, il che avrebbe dovuto indurre “sicuramente la banca trattaria a compiere le necessarie verifiche presso la banca negoziatrice al fine di individuare il soggetto a favore del quale era stato eseguito il pagamento”.

2.5. La banca trattaria, dunque, era incorsa in un comportamento colposo in quanto “attraverso l’impiego di diligenza

media, era sicuramente in grado di accertarsi che l’incasso dei titoli era stato eseguito da soggetto non legittimato”.

In definitiva, la Corte territoriale ha ritenuto che la responsabilità della banca trattaria non possa essere limitata solo ai casi in cui il titolo le venga rimesso in stanza di compensazione, per l’eventuale alterazione o falsificazione, verificabile con la diligenza richiesta al bancario medio (Cass., sez. 1, 26/1/2016, n. 1377; Cass., n. 2233 del 2011 Cass., sez. 1, 18/3/2010, n. 6624), ma può evincersi anche nell’ipotesi in cui sull’assegno bancario non trasferibile sia apposta la clausola “per garanzia e conoscenza”, stante la non univoca interpretazione del contenuto della stessa nella prassi bancaria (a dimostrazione delle difficoltà interpretative collegate all’utilizzo di tale clausola vedi anche Cass., sez. 1, 6/10/2005, n. 19512, ove si afferma che “l’irregolarità del pagamento è dunque evidente, data la presenza della firma del… (formalmente “per conoscenza garanzia”, ma sostanzialmente “per quietanza”), il cui intervento -figurante sui titoli in termini di attestazione dell’identità del prenditore, a maggior tutela del cassiere sportellista – era in realtà inteso a sostituire il prenditore medesimo nella percezione delle somme e non ad asseverare nella legittimazione a riscuotere”).

2.6. Di qui, come si diceva in premessa, l’inammissibilità del motivo.

Difatti, a fronte di simile accertamento di merito, effettuato in conformità alla giurisprudenza di legittimità, la ricorrente chiede una nuova valutazione delle risultanze istruttorie, già compiutamente effettuata dai giudici di merito, non consentita in questa sede (cfr. Cass., sez. 1, 7/10/2015, n. 20108, proprio con riferimento ad una fattispecie in cui il giudice di merito aveva esaminato la clausola “per garanzia e conoscenza”, e la ricorrente in cassazione “dimostra di voler sollecitare, attraverso l’apparente deduzione dei vizi di violazione di legge e difetto di motivazione, una nuova lettura dell’atto, non consentita questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare l’interpretazione fornita dal giudice di merito, ma solo quello di verificare l’eventuale violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, nella specie neppure dedotta, e la coerenza logica delle argomentazioni svolte a sostegno della decisione”; si richiamano Cass., sez. 3, 10/2/2015, n. 2465; Cass. sez. L, 9/10/2012, n. 17168; Cass., sez. 2, 31/5/2010, n. 13242; anche Cass., sez. 1, n. 27447 del 2022, sempre in tema di clausola “per conoscenza e garanzia”).

Tra l’altro, ci si trova dinanzi ad una “doppia conforme decisione di merito” avendo la Corte d’Appello rigettato sia il gravame principale articolato dalla MPS sia il gravame incidentale strutturato dalla Unicredit, con la conseguente impossibilità di dedurre censure ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., alla stregua dell’art. 348-ter c.p.c., nella versione all’epoca vigente, applicabile alle sentenze pronunciate dopo l’11 settembre 2012, ai sensi del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012.

3. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la “violazione e/o erronea interpretazione e applicazione dell’art. 43 R.D. n. 1736/1933 e degli articoli 1227 e 2043 c.c., in relazione all’art. 60, primo comma, n. 3, c.p.c., per avere riconosciuto sussistente un concorso di colpa della banca Monte dei Paschi di Siena Spa con la Unicredit Spa e per non aver graduato differentemente la responsabilità tra gli istituti di credito”.

La sentenza sarebbe errata anche con riferimento alla ritenuta violazione da parte della MPS dell’art. 43 del r.d. n. 1736 del 1933, che non avrebbe verificato in stanza di compensazione la regolarità dei titoli, attribuendo però alla condotta della banca trattaria il medesimo apporto causale nella produzione del danno imputato alla banca negoziatrice.

La ricorrente ha chiesto riconoscersi il suo diritto di rivalsa e manleva o, in ogni caso, la graduazione differente della responsabilità dei due istituti di credito.

In realtà, l’apposizione della clausola “per conoscenza e garanzia” non essendo qualificabile come girata, non avrebbe potuto essere presa in considerazione della banca negoziatrice.

6.1. Il motivo è infondato.

6.2. Invero, la Corte territoriale, con piena valutazione di merito, ha individuato la corresponsabilità sia della banca trattaria, sia della banca negoziatrice, giungendo ad attribuire pari responsabilità causale (“il comportamento della banca trattaria – Banca Toscana -deve ritenersi esattamente equiparabile, sotto il profilo causale, a quella della banca negoziatrice – Unicredit – “).

Con giudizio pienamente meritale il giudice d’appello ha rinvenuto la corresponsabilità, la misura 50%, anche della banca trattaria, in quanto ha omesso “qualsiasi tipo di controllo in stanza di compensazione, circa l’effettivo destinatario del pagamento, nonostante l’evidente anomalia del titolo (in quanto recante una clausola, quella “per conoscenza e garanzia”, non prevista dalla legge assegni e, comunque, connotata da una marcata ambiguità in ordine alla sua funzione)”.

Ha aggiunto la Corte territoriale che ove la banca Toscana avesse, in base ad un canone di ordinaria diligenza, assunto informazioni presso Unicredit e circa l’effettivo beneficiario del pagamento, “avrebbe potuto agevolmente bloccare l’operazione, così evitando la verificazione del danno nei confronti della Ac.An.”.

7. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio della soccombenza, a carico della ricorrente si liquidano come da dispositivo.

PQM

P.Q.M.rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rimborsare in favore della controricorrente le spese del giudizio di legittimità, facendo delle stesse liquidazione in complessivi Euro 8.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15% delle spese generali, Iva e cpa.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 1, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 luglio 2024.

Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2024.