Nel procedimento disciplinare nei confronti degli avvocati, nonostante il carattere amministrativo della fase davanti al consiglio dell’ordine, la lacuna dell’art. 45 r.d.l. n. 1578/1933 che, nel prevedere la citazione dell’incolpato a comparire davanti a tale organo, non contiene la disciplina degli eventuali impedimenti, è colmabile analogicamente mediante la disciplina del codice di procedura penale relativa alla comparizione dell’imputato al dibattimento penale, del quale è previsto il rinvio in caso di assenza dell’imputato dovuta ad “assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento”. In tal senso, l’impedimento a comparire di cui all’art. 420-ter c.p.p. concerne non solo la capacità di recarsi fisicamente in udienza, ma anche quella di parteciparvi dignitosamente e attivamente per l’esercizio del diritto costituzionale di difesa. Tuttavia, esso non può derivare in via automatica dall’esistenza di una patologia più o meno invalidante. Si deve determinare un’impossibilità effettiva ed assoluta, e perciò legittima, riferibile ad una situazione non dominabile né contenibile ed a lui non ascrivibile, al fine di garantire il necessario bilanciamento con il principio di ragionevole durata del processo. ( Cassazione civile sez. un., 12/04/2024, n.9949 )

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 13 febbraio 2019, emessa a definizione del procedimento di ricusazione promosso dall’avv. Fa.Gi.nei confronti del giudice assegnatario della causa n. 12722/2016 e del c.t.u. da questi nominato, il Tribunale di Palermo disponeva la trasmissione degli atti al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Termini Imerese “in ordine alle espressioni sconvenienti, offensive e, in alcune frasi, contenenti anche ipotesi di minaccia” utilizzate dall’avv. Fa.Gi. nel ricorso per ricusazione.

Il Consiglio dell’Ordine trasmetteva la segnalazione al Consiglio di Disciplina di Palermo il quale, ascoltato l’avv. Fa.Gi., formulava il seguente capo d’incolpazione: “Violazione degli artt. 9 comma 1, 52 comma 1, 53 comma 1 del Codice Deontologico Forense perché, in seno agli scritti difensivi, ha usato le seguenti espressioni offensive nei confronti del Magistrato, Dott. Andrea Illuminati, del quale ne richiedeva la ricusazione, oltre che nei confronti del Ctu all’uopo nominato, lng. Lo., del tipo ‘demente e diversamente abile’, ‘i suoi collaboratori sono amici’, ‘toglietelo davanti al sottoscritto viceversa lo faccio ricoverare in una clinica di demenza senile’, ‘toglietemelo davanti ai piedi l’lng. Lo., meccanico onde evitare di consumarsi’. Fatti commessi in Palermo dal 20.07.2018”.

Il Consiglio di Disciplina riteneva provati i fatti addebitati all’incolpato, essendo risultato che egli aveva attribuito al giudice ed al consulente d’ufficio “fatti ascrivibili a diverse figure delittuose (truffa e reati di falso)” ed aveva loro rivolto, per iscritto, le espressioni assai gravi riportate nel capo d’incolpazione, rafforzandole in istruttoria con le seguenti, fra le altre, ulteriori frasi: “la truffa dei due magistrati con la corruzione in atti giudiziari è palese” e, con riferimento al c.t.u., “con intelligenza non comune ma quella di un povero cristo rudere”.

In forza di quanto sopra, all’esito del dibattimento il Consiglio di Disciplina, con decisione del 16 settembre-22 dicembre 2022, irrogava all’incolpato la sanzione della radiazione, anche tenuto conto della “assenza di alcun cenno di resipiscenza da parte dell’incolpato” e dei “precedenti specifici (sei sospensioni, di cui due per tre anni, … irrogate … tra il 2017 e il 2022 per violazioni al codice deontologico forense per scritti ed affermazioni sconvenienti ed offensivi nei confronti dì magistrati, avvocati, professori universitari … )”.

Avverso tale decisione l’incolpato proponeva il 3 gennaio 2023, in proprio, impugnazione al Consiglio Nazionale Forense, presentando nella stessa data una integrazione del ricorso. In data 12 maggio 2023 l’incolpato depositava un nuovo e diverso ricorso avverso la decisione del Consiglio di Disciplina, sulla base di quattro motivi d’impugnazione, con i quali lamentava la violazione del contraddittorio, incorsa nel procedimento dinanzi al Consiglio di disciplina (primo motivo), eccesso di potere sotto più profili (secondo motivo), l’intervenuta prescrizione quinquennale, dovendosi fare decorrere il termine non dalla data del fatto (20 luglio 2018), bensì dalla data di iscrizione a ruolo (18 luglio 2016) della causa nella quale, due anni dopo, l’incolpato ha utilizzato le espressioni di cui al capo d’incolpazione (terzo motivo), infine il travisamento dei fatti, giacché le espressioni utilizzate non potevano intendersi come sconvenienti od offensive, in quanto il C.t.u. ed un suo collaboratore non avevano presentato denuncia per diffamazione.

Infine, sempre in data 12 maggio 2023 l’incolpato depositava istanza di rinvio dell’udienza del 18 maggio 2023 per legittimo impedimento, allegando certificato medico datato 11 maggio 2023 con il quale si attestava che egli “è affetto da ischemia cerebrale con neuropatia diabetica – diabete mellito e vasculopatia con turbe deambulatorie. Presenta deficit deambulatorio. Si sconsiglia viaggi a lunga percorrenza, poiché abbisogna di appoggio con bastone”. Il Consiglio Nazionale Forense ha dichiarato inammissibile il ricorso. In via preliminare ha osservato «in merito alla istanza di rinvio depositata dall’incolpato e rigettata dal Collegio, che la certificazione medica prodotta non attesta una “assoluta impossibilità a comparire”, come prevista dall’art. 59 co. 1 lett. d) n. 3 della legge n. 247/2012, dall’art. 21 co. 2 lett. c) del Regolamento del Consiglio Nazionale Forense n. 2/2014 e dall’art. 420-ter c.p.p. applicabile al procedimento disciplinare». Nel merito ha osservava che «Il ricorso originario (del 3 gennaio 2023) consiste di poche e confuse righe, nelle quali – a tacer d’altro – mancano totalmente i motivi d’impugnazione e finanche le conclusioni. Si tratta di carenze grossolane che rendono l’atto inammissibile, radicalmente e pacificamente. L’incolpato ha poi depositato un secondo e diverso ricorso il 12 maggio 2023, nel quale ha articolato quattro motivi d’impugnazione. Di tale secondo ricorso va rilevata la tardività ai sensi dell’art. 61 della legge n. 247/2012, essendo stato proposto ben oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla notifica della decisione disciplinare completa di motivazione, avvenuta il 3 gennaio 2023. Né è possibile considerare il secondo ricorso quale una sorta di memoria di “motivi aggiunti”, dal momento che, “secondo un principio di diritto di carattere generale – che trova applicazione anche nel procedimento disciplinare dinanzi al C.N.F. a carico degli avocati, retto dai principi del codice di procedura civile – la proposizione del ricorso determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che con la successiva memoria illustrativa , che ha solo la funzione di chiarire le ragioni esposte a sostegno dei motivi tempestivamente esposti nel ricorso, non possono proporsi, per la prima volta, motivi nuovi non dedotti nell’atto di impugnazione” (sentenza del Consiglio Nazionale Forense n. 135/2022; conformi le sentenze n. 102/2022, 4/2022 e 196/2021)». Contro la decisione l’avv. Fa.Gi. ha proposto ricorso sulla base di un solo articolato motivo.

Il Consiglio Nazionale Forense, e il Consigli dell’Ordine degli Avvocati Termini Imerese restano intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE1. L’unico, complesso motivo di ricorso denuncia “Eccesso di potere del C.N.F l’articolo 420 ter codice procedura penale per Violazione di incompetenza non è applicabile nel giudizio amministrativo. violazione di incompetenza – eccesso di potere – e violazione di legge”.

a) In primo luogo, la decisione è oggetto di censura nella parte in cui, in via preliminare, il C.NF. «osserva, in merito alla istanza di rinvio depositata dall’incolpato e rigettata dal Collegio, che la certificazione medica prodotta non attesta una “assoluta impossibilità a comparire”, come prevista dall’art. 59 co. 1 lett. d) n. 3 della legge n. 247/2012, dall’art. 21 co. 2 lett. c) del Regolamento del Consiglio Nazionale Forense n. 2/2014 e dall’art. 420-ter c.p.p., applicabile al procedimento disciplinare” […]. Nel caso specifico, il certificato medico depositato non chiarisce la natura – permanente o transitoria – della infermità dell’incolpato e, in ogni caso, non formula un giudizio negativo circa l’impossibilità assoluta a presenziare all’udienza, limitandosi a “sconsigliare viaggi a lunga percorrenza, poiché abbisogna di appoggio con bastone” […]. In forza di quanto sopra, deve ritenersi confermata la conclusione di insussistenza dei presupposti di un legittimo impedimento dell’incolpato, suscettibile di determinare un necessario rinvio dell’udienza».

Il ricorrente sostiene che l’articolo 420-ter del codice di procedura penale è inapplicabile al procedimento disciplinare nei confronti

degli avvocati. «Il C.N.F cita alcune sentenze di autorevole fonte che per il caso in esame non c’entrano nulla». Il rinvio avrebbe dovuto essere accordato, sussistendo la prova dell’impedimento.

b) In secondo luogo, la decisione è censurata laddove il C.N.F. rileva […] «L’incolpato ha poi depositato un secondo e diverso ricorso il 12 maggio 2023, nel quale ha articolato quattro motivi d’impugnazione. Di tale secondo ricorso va rilevata la tardività ai sensi dell’art. 61 della legge n. 24/2012, essendo stato proposto ben oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla notifica della decisione disciplinare completa di motivazione, avvenuta il 3 gennaio 2023».

Il ricorrente richiama la nota in data 20 marzo 2023, con la quale il C.N.F, in relazione al ricorso proposto avverso la decisione del Consiglio distrettuale di disciplina di Palermo, comunicava che, ai sensi dell’art. 60 comma secondo, del R.D. 22 gennaio 1934 n. 37, «gli atti relativi al ricorso in oggetto rimarranno depositati negli uffici di questo consiglio nazionale forense per il termine di giorni dieci a decorrere dalla data di ricezione della presente comunicazione. Ai sensi dell’art. 61 del richiamato r.d. durante tale termine il ricorrente, il suo difensore e le altre parti avranno la facoltà di prendere visione degli atti, di proporre deduzioni ed esibire documenti».

Operato tale richiamo, l’avv. Fa.Gi. evidenzia di essersi avvalso della facoltà richiamata in tale nota, presentando motivi aggiunti, consentiti, in considerazione del rito applicabile al procedimento dinanzi al C.N.F., che è il rito amministrativo, non trattandosi di un “giudizio penale”.

c) In terzo luogo, il ricorrente si duole della decisione, sostenendo di «di non aver mai minacciato alcun soggetto specie un Magistrato, solo di averlo ricusato come richiede la legge per motivi gravi come nella specie ex articolo 52 c.p.c. così come imposto dal legislatore del 1946, perché a fronte delle proprie richieste legittime, l’incolpato chiedeva al Giudice dott. Andrea Illuminati la nomina di una C.T.U ingegneristica esperta in materia Urbanistica, invece il Giudice dott. Andrea Illuminati ad ogni costo doveva nominava un Ingegnere in Meccanica nella specie Luca Lo.». Quindi, il ricorrente ripercorre la vicenda per poi concludere nei seguenti termini: «Per tutti i motivi evidenziate con dovizia chiede che l’Ecc.ma Corte di cassazione a Sezioni Unite disponga sospensiva cautelare della predetta decisione del C.N.F del 05/07/2023 per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, il tutto quanto stabilito da 7 comma dell’art. 36 L. 247-2012.

1) Per violazione del contraddittorio impedendo l’esercizio delle proprie difese in pubblica udienza.

2) per violazione eccesso di potere e violazione di legge, in quanto il C.N.F ha negano un breve rinvio per un legittimo impedimento;

3) Incompetenza perché il processo dinanzi al C.N.F è un processo amministrativo, nulla a che vedere con il processo penale;

4) violazione sulla prescrizione quinquennale;

5) poiché i fatti sono veri l’incolpato ha chiesto anche la revocazione della decisione del CDD di Palermo ex articolo 395 c.p.c, anche in detta circostanza vi è violazione del diritto di verità negato dal C.N.F.

6) principio del contraddittorio Violazione del contraddittorio ex articolo 101 c.p.c e del precetto Costituzionale art. 111 secondo comma, con il quale il costituente afferma il principio giuridico che il giudice deve essere terzo e imparziale, in aggiunta, la legge ne assicura la ragionevole durata del processo, e in assenza della parte il giudice non può chiudere un processo senza la parte se questa non è stata citata regolarmente in giudizio.

7) violazione dell’articolo 380 c.p. sulla consulenza tecnica infedele del C.T.U ingegnere Lo. MECCANICO, che il CDD appresa la notizia della falsa dichiarazione, doveva rimettere gli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Penale di Palermo ex art. 331 c.p.p. e 361 c.p. come richiesto, incorrendo in abuso d’ufficio».

2. La censura sub a) è infondata. Nel procedimento disciplinare nei confronti degli avvocati, nonostante il carattere amministrativo della fase davanti al consiglio dell’ordine, la lacuna dell’art. 45 del R.D.L. n. 1578 del 1933 che, nel prevedere la citazione dell’incolpato a comparire davanti a tale organo, non contiene la disciplina degli eventuali impedimenti, è colmabile analogicamente mediante la disciplina del codice di procedura penale relativa alla comparizione dell’imputato al dibattimento penale, del quale è previsto il rinvio in caso di assenza dell’imputato dovuta ad “assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento” (Cass. Sez. U. 14/01/2020 n. 412 e successivamente in motivazione anche Cass. Sez. U. 28/02/2020 n. 9556 ed ivi le richiamate Cass. n. 19705 del 2012, n. 23287 del 2010 e n. 10692 del 2010). In argomento è stato chiarito che l’impedimento a comparire, previsto dall’art. 420-ter cod. proc. pen., norma di riferimento applicabile al procedimento disciplinare, concerne non solo la capacità di recarsi fisicamente in udienza, ma anche quella di parteciparvi dignitosamente e attivamente per l’esercizio del diritto costituzionale di difesa. Tuttavia, esso non può derivare in via automatica dall’esistenza di una patologia più o meno invalidante. Si deve determinare un’impossibilità effettiva ed assoluta, e perciò legittima, riferibile ad una situazione non dominabile né contenibile ed a lui non ascrivibile, al fine di garantire il necessario bilanciamento con il principio di ragionevole durata del processo. In sostanza l’impedimento che impone il rinvio dell’udienza è solo quello cogente in termini assoluti e che, alla stregua della valutazione del giudice, risulti positivamente in giudizio (cfr. Cass. 24/02/2020 n. 15407).

Il C.N.F. ha motivatamente respinto la richiesta di differimento formulata dall’avv. Fa.Gi., in forza delle seguenti considerazioni: «Nel caso specifico, il certificato medico depositato non chiarisce la natura – permanente o transitoria – della infermità dell’incolpato e, in ogni caso, non formula un giudizio negativo circa l’impossibilità assoluta a presenziare l’udienza a Roma, limitandosi a “sconsigliare viaggi a lunga percorrenza, poiché abbisogna di appoggio con bastone” […].

Tali considerazioni, in quanto motivate sulla base di rilevi che non non sono in contrasto con le norme e i principi applicabili in materia, sono incensurabili in questa sede, costituendo un apprezzamento di fatto insindacabile in cassazione (Cass. n. 10842/2003; n. 919/1999).

3. La censura sub b) è infondata. Il procedimento disciplinare ha natura amministrativa nella prima fase (avanti al CDD), che si conclude con un atto che ha forma, natura e sostanza di provvedimento amministrativo (Cass., SS.UU. civ., n. 20685/2018). Quest’ultimo, tuttavia, diviene poi il presupposto di un successivo procedimento di impugnazione avanti al C.N.F., che assume natura e funzione propriamente giurisdizionali, nel quale il giudice disciplinare è investito del potere di conoscere ogni aspetto della vicenda in contestazione (Cass., S.U., n. 34476/2019). In rapporto alla natura giurisdizionale del procedimento dinanzi al C.N.F., è stato chiarito che, a norma del R.D. n. 37 del 1934, art. 59 richiamato dalla L. n. 247 del 2012, art. 36, comma 2, il ricorso al Consiglio nazionale forense deve contenere “l’indicazione specifica dei motivi sui quali si fonda”; ne consegue che non possono proporsi motivi nuovi di impugnazione con atti successivi al ricorso e che i medesimi, se proposti, devono essere dichiarati inammissibili, anche d’ufficio (Cass. S.U., n. 28049/2008).

4. Le altre censure formulate con il ricorso (sopra richiamate sub c), nella parte in cui non ripetono le censure sul procedimento di cui sopra, già ritenute infondate e disattese, riguardano il merito della vicenda, che il C.N.F. non ha esaminato, avendo dichiarato inammissibile il ricorso per le ragioni sopra indicate. Vale pertanto il principio secondo il quale «nel giudizio di cassazione, i motivi che, a fronte della dichiarazione di inammissibilità del gravame, attingano direttamente l’apprezzamento di merito operato dal giudice d’appello, senza censurare l’error in procedendo cui questi è incorso, così da rimuovere la ragione in rito che aveva impedito la valutazione nel merito delle censure mosse con l’atto di appello, determinano l’inammissibilità del ricorso, derivando da tale omissione il passaggio in giudicato della statuizione di inammissibilità e il conseguente venir meno dell’interesse della parte a far valere in sede di legittimità l’erroneità delle ulteriori statuizioni della decisione impugnata» (Cass. n. 24550/2023). In altre parole, la rilevanza teorica di tali censure supponeva la rimozione della statuizione in rito. Questa è stata sì censurata con il ricorso, ma le relative ragioni di censura sono state ritenute infondate, conseguendone l’inammissibilità delle ulteriori censure di merito, in quanto riguardanti aspetti sui quali il giudice non si è pronunziato.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Nulla spese.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

P.Q.M.rigetta ricorso. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili del 12 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2024.